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L'armonia delle sfere

Classicità: Lira | Pitagora | Archita | Platone | Aristotele | Cicerone | Impero: Plinio | Igino | Plutarco | Nicomaco | Tolomeo | Censorino | Ambrogio | Capella | Medioevo: Boezio | Dionigi | Aureliano | Chartres | Dante | Gaffurio | Zarlino | Intermedi

 

Athanasius Kircher, Musurgia universalis (Roma 1650) |

 

L’armonia delle sfere è la teoria che, nell'attribuire una musica ai pianeti (in quanto corpi in movimento), vuole l’universo governato da leggi musicali (armoniche e matematiche). È teoria chiave della cosmologia antica; in seguito, adeguata alla cultura cristiana (canto liturgico e angeli), ebbe grande fortuna nel Rinascimento, e oggi sopravvive occasionalmente come metafora interpretativa del mondo.

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Kubrick, 2001 odissea nello spazio (1968) | clip: R. Strauss (1896) / J. Strauss jr (1867) / Ligeti (1965)

Tre modi di concepire il suono dello spazio. Il poema sinfonico di Strauss riprende quello di Liszt.

Liszt, Les préludes (1856) | Thielemann, Berliner

Tema da Les astres – quarto della suite corale Quatre éléments [terra aria acqua fuoco] – cantato su parole di Joseph Autran | Les préludes è rifacimento dell'introduzione alla suite corale.

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Salmo 18/19
Magistro chori. Psalmus. David
.
Caeli enarrant gloriam Dei,
et opera manuum eius annuntiat firmamentum.
Dies diei eructat verbum,
et nox nocti indicat scientiam.
Non sunt loquelae neque sermones,
quorum non intellegantur voces:
in omnem terram exivit sonus eorum,
et in fines orbis terrae verba eorum.

Al direttore del coro. Salmo di Davide
.
I cieli raccontano la gloria di Dio
e il firmamento annuncia l'opera delle sue mani.
Un giorno rivolge parole all'altro,
una notte comunica conoscenza all'altra.
Non hanno favella, né parole;
la loro voce non s'ode,
ma il loro suono si diffonde per tutta la terra,
i loro accenti giungono fino all'estremità del mondo.
[Nuova riveduta]

— Rudolf Steiner [1861-1925] | scheda

Scrisse inolt re Die Welt der Musik (Basel, 2012), in ingl. Music: mystery, art and the human being (2016) | pedagogia steineriana | antroposofia | euritmia

— Leo Spitzer, L'armonia del mondo [1945] (Bologna 1967) | introduzione

Neil Ardley, Harmony of the spheres (1979) | Fair mirage (progrock)

Claudio Fontanelli, Armonia delle sfere (1998) | new age

Joep Franssens, Harmony of the spheres (2003) | minimalismo tonale

Puta Volcano, Harmony of Spheres (2017) | rockmetal

Coldplay, Coloratura (Music of the spheres, 2021)

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Principi fisici del suono (Manuale, pp. xiv-xv)

Lastre di Chladni | con Herz differenti | cimatica

Conversione delle onde elettromagnetiche dello spazio in suoni

Lira

È lo strumento principe della cultura musicale greca, la sua complessità partecipa e giustifica la simbiosi fra musica e filosofia sviluppatasi in Grecia. L'invenzione, secondo il mito si deve a Mercurio (Ermes), che la donò ad Apollo per arrivare ad Orfeo. Apollo e Mercurio, come rivela Macrobio, sono due facce dello stesso dio.

Inno a Ermes (vii sec. a.C.) | scheda

Chelys (v-iv sec. a.C.) | British Museum | info

Kithàra: tecniche esecutive (portamento, vibrato, accordi, armonici).

Macrobio [v sec. in.] , Saturnali, I.19: [7] ... Apollo e Mercurio risultano chiaramente essere lo stesso dio anche dal fatto che presso molti popoli l’astro di Mercurio porta il nome di Apollo, e Apollo presiede alle Muse, mentre Mercurio dà la parola, dono delle Muse ... [14] Le statue [erme] di Mercurio sono per lo più costituite da un blocco quadrato che ha solo la testa ed il membro virile eretto: ciò significa che il sole è il capo del mondo e il generatore delle cose, e che tutta la sua forza non consiste in un impiego isolato delle membra, ma nella sola mente, che ha sede nel capo. [15] Ha quattro lati per la stessa ragione per cui è attribuita a Mercurio, secondo la tradizione, la cetra a quattro corde. Tale numero sta a significare o le quattro zone del mondo o le quattro stagioni dell’anno o i due equinozi e i due solstizi in cui si divide lo zodiaco; così come la lira di Apollo, di sette corde, rappresenta il moto di altrettante sfere celesti, regolato per natura dal sole.

Pitagora ([vi sec. ex.] †497 a.C.)

A Pitagora si attribuisce l'interpretazione del mondo in chiave matematica. Il ruolo della musica nel pensiero pitagorico è determinante perché il suono risponde a principi matematici.

— Il racconto della fucina da: Nicomaco, Manuale d'armonia [i sec.], in Meibom 1652: (Nicomacus): 10-11 | in Luisa Zanoncelli, La manualistica musicale greca (Milano: Guerini Studio 1990): § 6.

Tono, quarta, quinta, ottava.

Handel, Il fabbro armonioso (1720)

Rossini, Finale I dal Barbiere di Siviglia (1816)

Archita (iv sec. in. / †350 a.C.)

Amico di Platone a cui, fra le altre cose, si deve la definizione e calcolo delle medietà, connessa con le proporzioni musicali.

— Medietà | scheda

Platone (427-347 a.C.)

Platone è il primo a descrivere il cosmo 'sonoro', ponendo una sirena su ogni pianeta (Repubblica) e immaginando la vitalità del cosmo assegnandogli un'anima la cui natura è musicale. Si tratta della formulazione che godrà di maggior influenza. Benché rifiutata dal cristianesimo sarà recuperata a partire dal xii secolo e trionferà nel Rinascimento.

— La musica del cosmo | scheda

Aristotele (384-322 a.C.)

Aritotele, in aperto contrasto con i Pitagorici, non credeva che il cosmo fosse sonoro, perché i pianeti erano incastrati nelle proprie sfere celesti e girando non opponevano attrito.

De caelo, libro I, § 9. [290b-291a] | scheda

300 a.C.Eudosso di Cnido concepisce un universo geocentrico circondato da sfere su cui erano incastrati i pianeti (dopo Luna e Sole vi erano gli altri 5 pianeti: Venere Mercurio Marte Giove Saturno.
200 a.C.Aristarco di Samo sposta il sole al centro dell'universo. Il vecchio sistema detto 'egizio' viene sostituo da quello che è spesso erroneamente chiamto 'caldeo-pitagorico', visto che non apparteneva né ai Caldei, né a Pitagora. Per spiegare il moto irregolare dei pianeti fu concepito da Apollonio di Perga la teoria degli epicicli.
150 a.C.Ipparco di Nicea calcola la precessione degli equinozi.
100 a.C.Eratostene di Cirene (l'autore di Hermes) calcola con buona approssimazione la distanza del sole dalla terra (40 mila km): secondo Cleomede si sarebbe accorto del lieve sfasamento di angolo che al solstizio d'estate v'era fra le città di Assuan e Alessandria.

Cicerone (106-43 a.C.)

Nel cosiddetto Somnium Scipionis (parte del vi libro di De re publica) Cicerone propone una rappresentazione del cosmo sonoro in termini platonici, benché secondo la nuova distribuzione planetaria, basata sulla velocità di rivoluzione, con il Sole al centro.

Repubblica [55-51 a.C.], libro vi (Somnium Scipionis) | scheda

Un precedente al Somnium Scipionis si ha con l'Hermes di (272-191 a.C.) che tuttavia sopravvive frammentario e non ha una traduzione moderna [testo greco: Powell, Collectanea Alexandrina (1925): 58-68 | studio: Di Gregorio, L'Hermes (2010)]

Il Somnium di Cicerone ebbe tanta fortuna che anche Metastasio scrisse su tal soggetto una serenata musicata da Mozart (non eseguita all'epoca per la morte del dedicatario, 1771). In realtà Metastasio è poco interessato alla descrizione del cielo ma immagina il protagonista Sicpione Emiliano che in sogno è indeciso se seguire la stabile Costanza o l'incerta Fortuna. Questo il solo recitativo che evoca l'armonia celeste:

Scipione Dunque ove son? La reggia | di Massinissa, ove poc'anzi i lumi
al sonno abbandonai, | certo questa non è.
Mozart-Metastazio, Sogno di Scipione
Salzburg Festival 2006
Carinthian Symphony Orchestra, Robin Ticciati
Scipione, Blagoj Nacoski
Costanza, Louise Fribo
Fortuna, Bernarda Bobro
Costanza al sonno abbandonai, | certo questa non è. No. Lungi assai
è l'Africa da noi. Sei nell'immenso | tempio del ciel.
 
Fortuna Non lo conosci a tante | che ti splendono intorno
lucidissime stelle? A quel che ascolti | insolito concento
delle mobili sfere? A quel che vedi | di lucido zaffiro
orbe maggior che le rapisce in giro?
 
Scipione E chi mai tra le sfere, o dèe, produce | un contento sì armonico e sonoro?    
Costanza L'istessa ch'è fra loro | di moto e di misura
proporzionata ineguaglianza. Insieme | urtansi nel girar; rende ciascuna
suon dall'altro distinto, | e si forma di tutti un suon concorde.
Viarie così le corde | son d'una cetra; e pur ne tempra in guisa
e l'orecchio e la man, l'acuto e il grave, | che dan, percosse, un'armonia soave.
Questo mirabil nodo, | questa ragione arcana | che i dissimili accorda,
'proporzion' s'appella, ordine e norma | universal delle create cose.
Questa è quel che nascose, | d'altro saper misterioso raggio,
entro i numeri suoi di Samo il saggio [= Pitagora].
   
Scipione Ma un armonia si grande | perchè non giunge a noi? Perchè non l'ode
chi vive lá nella terrestre sede?
   
Costanza Troppo il poter de' vostri sensi eccede.    
 
Ciglio che al Sol si gira | non vede il Sol che mira,
confuso in quell'istesso | eccesso di splendor.
Chi lá del Nil cadente | vive alle sponde apresso,
lo strepito non sente | del rovinoso umor.
   

Plinio il Vecchio (23-79)

Naturalis historia, II.20/83-84

Intervalla quoque siderum a terra multi indagare temptarunt, et solem abesse a luna undeviginti partes quantam lunam ipsam a terra prodiderunt. Pythagoras vero, vir sagacis animi, a terra ad lunam cxxvi [x 1000] stadiorum esse collegit, ad solem ab ea duplum, inde ad duodecim signa triplicatum, in qua sententia et Gallus Sulpicius fuit noster. [83] Molti cercarono di individuare anche le distanze dei pianeti dalla terra, e affermarono che il sole distava dalla luna diciannove volte quanto la stessa luna dalla terra. Ma Pitagora, uomo di sagace ingegno, dedusse che c'erano 126.000 stadi dalla terra alla luna, il doppio da questa al sole, di lì il triplo verso le dodici costellazioni, nel quale parere si ritrovò anche il nostro Gallo Sulpicio [che conosceva le teorie di Archimede].
Sed Pythagoras interdum et musica ratione appellat quantum absit a Terra Luna, ab ea ad Mercurium dimidium spatii et ab eo ad Veneris, a quo ad solem sescuplum, a sole ad Martem tonum (id est quantum ad Lunam a Terra), ab eo ad Iovem dimidium et ab eo ad Saturni, et inde sescuplum ad signiferum; ita septem tonis effici quam διὰ πασων ἁρμονίαν hoc est universitatem concentus; in ea Saturnum Dorio moveri phthongo, Iovem Phrygio et in reliquis similia, iucunda magis quam necessaria subtilitate. [84] Ma Pitagora talora fa ricorso anche alla teoria musicale per quanto disti dalla Terra la Luna, da questa a Mercurio e da questo a Venere un semitono di spazio, da questo al sole un tono e mezzo, dal sole a Marte un tono (cioè quanto dalla Terra alla Luna), da questo a Giove e da questo a Saturno un semitono, e da lì allo zodiaco un tono e mezzo; così che sono prodotti sette toni che chiamano diapason, questo è l'armonia universale; che in essa Saturno viene mosso con suono dorico, Giove col frigio [a] e i rimanenti in modi simili, con raffinatezza piacevole più che necessaria.
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a. Si tratta evidentemente di indicazioni approssimative. La scala frigia è effettivamente un grado sotto quella dorica, ma a distanza di tono, non di semitono | info

Raffigurazione (ca 820) che accopagna una copia parziale della Naturalis historia dia Plinio in un ms. del II libro di Plino | Vienna, Österreichischen Nationalbibliothek, ms. 387, fol. 123r [257] | info | img/bn

Scala dei pianeti | Systema téleion

Igino (i sec. ex.)

La scala che propone Igino è diversa da Plinio e assai meno coerente. Igino è spesso impreciso e non sicapisce se le differenze debbano essere attribuite ad errore o per diversa fonte. L'aspetto significativo è che Igino sembra riconoscere la compenente purmenta immaginativa della scala musicale (e forse per questo le descrive in termini così inconsisenti.

De astronomia, lib. iv.14 | scheda

Scala dei pianeti

Plutarco (46-126)

Plutarco (46-126 d.C.) fu autore imperiale in lingua greca. Tutti i suoi scritti, a parte le Vite parallele, sono collettivamente identificati come Moralia, oltre un'ottantina di testi fra cui la Musica (n. 78 dell'ed. Bompiani 2017). Il testo – una delle prime monografie musicali che non sia un trattato tecnico – gli è stato attribuito e forse fu scritto da un anonimo alla fine del II secolo.

— La generazione dell'anima nel Timeo è un commento a Platone che si sofferma sulla compenemte numerica con cui Platone dà vita al concetto di anima mundi. Si riportano diverse teorie, anche quella di Plinio | scheda

Nicomaco di Gerasa (ca 60-120)

Nicomaco (da non confondere con il filosofo vissuto 4 secoli prima) più che un matematico fu un divulgatore, anche molto conosciuto. Il suo Manuale di armonica è un testo didattico scritto per una non meglio identificata «nobile e veneranda» dama. Benché sia il primo a riportare l'episodio di Pitagora nella fucina mostra di avere una conoscenza superficiale della teoria armonica. Il passo relativo ai rapporti fra musica e cosmo confonde quella che è la teoria più diffusa – benché ormai considerata un'astrazione poetica – ribalta l'ordine della scala planetaria, altera la successione intervallare e crede che i nomi delle note derivino dalla posizione dei pianeti.

Le informazioni incerte di Nicomaco ebbero tuttavia molto peso perché recuprate per esempio da Boezio e, nel Settecento, da Padre Martini (Storia della musica ii.221).

Manuale di armonica | scheda

Scala dei pianeti | Boezio, Pitagora, e sotto Platone e Nicomaco (immagine nel De musica di Boezio: Cambridge, University Library, Ii.3.12, f. 61v).

Tolomeo (ca 100-175)

Tolomeo, astronomo alessandrino è ricordato per l'Amagesto [da al-Magisti, titolo arabizzato del greco Megistè Sýntaxis = 'Grandissima sintassi', sottinteso 'm atematica'] in cui, senza introdurre significative novità, si perfezionana l'antica teoria astronomica (tolemaica) e in particolare quella degli epicicli che rimmarrà un riferimento fino all'eliocentrismo copernicano.

Scrisse molti altri trattati scientifici, fra cui Geografia (con carte particolarmente dettagliate),Tetrabiblos (le basi della successiva astrologia), Ottica e Armonica.

I tre libri dell'Armonicasumma della teoria musicale greca – dedicano la seconda parte dell'ultimo libro (iii.8-16 ma i §§ 14-16 sono spuri) a indagare i rapporti fra musica e cosmo. L'edizione di Raffa 2016 propone un sommario di cui si dà la sintesi:

8: Relazione fra il sistema téleion e i 12 segni dello zodiaco
9: Le relazioni fra i segni (e i pianeti che vi transitano) corrispondono ai gradi della scala musicale.
10. Il moto longitudinale degli astri corrisponde a quello melodico.
11. Il moto verticale (maggiore o minore distanziamento) corrisponde alle diverse armonie (enarmonico, cromatico, diatonico)
12. Il moto latitudinale è un'intermediazione fra i due movimenti precedenti.
13. Le fasi dei pianeti (luminosità) corrispondono ai 4 tetracordi del sistema téleion.

[14. Calcolo del § 9.
15. Quarte, quinte e ottave secondo il calcolo precedente.
16. Esempi di analogie musicali e astrologiche.]

Tolomeo, per spiegare la precessione degli equinozi – quel fenomeno per cui l'asse di rotazione della terra (pur conservando la sua inclinazione rispetto all'eclittica) cambia di direzione compiendo un intero giro ogni 26 mila anni – concepì l'interfernza di un nono cielo che chiamo primo mobile.

Censorino (iii sec. in.)

De die natali è l'unica opera pervenutaci del latino Censorino. Si tratta di un regalo per il compleanno del suo patrono Quinto Cerellio, in cui si raccoglie la sintesi di alcuni temi scientifici in merito alla nascita e al tempo. Il cap. xiii, che riporta quella che sarebbe la teoria di Pitagora circa il rapporto fra pianeti e musica, propone una scala che differisce da quella di Plinio perché sostituisce l'ultimo intervallo (in Plinio di 3 semitoni) in un solo semitono, con l'apparente intento di ottenere un rapporto di ottava fra le Stelle fisse e la Terra (mentre in Plinio l'ottava si aveva fra le Stelle fisse e la Luna). Si tratta probabilmente di un errore di Censorino, non solo perché tale scala non si trova altrove, ma perché così distribuite le altezze defigurano il secondo tetracordo | scheda

Ambrogio ([iv sec. ex.] 340-397)

Ambrogio introduce prima di altri e più efficacemente il passaggio dal cosmo sonoro pagano a quello cristiano. Il ruolo che assume per lui la musica come contatto con Dio bene appare in più punti della sua opera e nella produzione innodica, la cui efficacia fu tale da essere assorbita dal dettato liturgico.

Nella prefazione al suo Commento a dodici salmi, si legge:

Laudant Angeli Dominum, psallunt ei potestates coelorum, et ante ipsum initium mundi Cherubim et Seraphim cum suavitate canorae vocis suae dicunt: Sanctus, sanctus, sanctus. Innumera angelorum millia assistunt, et seniores et turba magna sicut voces aquarum multarum concinunt Alleluia. Ipsum axem coeli fert expressior sermo cum quadam perpetui concentus suavitate versari, ut sonus ejus extremis terrarum partibus audiretur, ubi sunt quaedam secreta naturae Gli angeli lodano il Signore. Per lui cantano le potenze dei cieli, e da prima dell'inizio del mondo Cherubini e Serafini con la dolcezza della loro voce melodiosa dicono: "Santo, santo, santo". Innumerevoli migliaia di angeli lo assitono, e gli anziani e una grande moltitudine cantano "Alleluia" come fossero voci di molte acque. Ancor più significativo è che lo stesso firmamento si muove nella dolcezza di una perenne armonia, in modo che il suono possa essere udito nelle parti più remote della terra, dove sono i segreti della natura.

L'Exameron (da 'sei giorni', quelli della creazione), diviso in 9 libri (solitamente datato al 378), è un genere tipico di sermone che commenta l'inizio della Genesi, e pesca soprattutto dall'omonimo sermone di Origene (185-254), nonché da quelli di Ippolito (170-235), e del contemporaneo Basilio (329-379), secondo una pratica di appropriazione diffusà nell'antichità (cfr Gerolamo Ep. 84, 7; PL 22, 749: «Sant'Ambrogio ha recentemente compilato un adattamento dell'Exaemeron [di Origene] in modo tale da seguire le sentenze di Ippolito e Basilio»).

Qui è evidente la conoscenza delle cosmogonie antiche (I giornata) che tuttavia poi trascura (ii giornata). Al contrario Ambrogio non perde occasione per riconoscere la forza divina del suono e del canto, sia che descriva il mare come metafora della critianità (III giornata) o il canto degli uccelli (V giornata) e dell'uomo (VI giornata) | scheda

Marziano Capella (ca 400)

Capella fu un prestigioso avvocato che esercitò nella Cartagine romana di Agostino o poco dopo. Lo si ricorda per il prosìmetro Le nozze di Filologia e Mercurio, in cui si racconta dell'ascesa al cielo dell'umana Filologia (amore per il logos, la conoscenza) – al suo seguito le sette arti liberarli – destinata a sposare il divino Mercurio (dio dell'ermenutica, da hermes, ovvero dell'interpretazione o, più correttamente, della capacità di spiegare i significati).

Dei nove libri del poema i primi due descrivono i preparativi per le nozze e il viaggio, gli altri sette sono dedicati ciascuno a un'arte nell'orodine che poi corrisponderà al trivio (Grammatica, Dialettica, Retorica) e quadrivio (Geometria, Aritmetica, Astronomia, Musica). Di astronomia e musica si parla diffusamente negli ultimi due libri, ma la descrizione di una vera e propria scala cosmica (che Capella evidentemente considerara una fantasia letteraria) si ritrova solo nel secondo libro. È qui che per la prima volta si associano le nove Muse alle otto sfere celesti cui si aggiunge la Terra | scheda

Boezio (ca 500)

Romano (figlio di un console), di formazione greca (forse Atene, forse Alessandria), nel 510, trentenne, Boezio divenne console alla corte di Teodorico (re ostrogoto ovvero re d'Italia) [a]. Già consulente del re [b] fu presto il più ammirato intellettuale della sua corte. Accusato di contrastare l'indipendenza di Teodorico dall'Impero (Costantinopoli) fu incarcerato a Pavia e dopo chi mesi giustiziato (525).

a. Il Regno ostrogoto (Italia e parte dei Balcani) ebbe 60 anni di vita (493-553) con capitale Ravenna e dal 540 Pavia. Teodorico fu re fino alla morte, poi sostituito da Atalarico (526-534) e altri in rapida successione fino alla caduta nella guerra Greco-Gotica.
b. Teodorico gli chiese di scegliere un citeredo da inviare a Clodoveo, re de Franchi (Variae 2.40) e di presiedere alla costruzione di un orologio per Gundobado re dei Burgundi (Variae 1.45)

Boezio fece un'importante opera di traduzione di testi greci in latino. In particolare progettò di scrivere sull'intero quadrivio di cui ci restano i libri su aritmetica e musica (con un geometria attribuito), numerosi testi filosofici o commenti di filosofi fra cui spicca il De consolatione philolosophie scritto in carcere. Tentò di sintetizzare il pensiero platonico e aristotelico con quello cristiano.

Boezio fu il primo a introdurre la divisione della musica in mundana, humana e instrumentalis, concetto che godrà di straordinaria fortuna: per esempio è raffigurata ad apertura di uno dei più importanti codici musicali del xiii secolo, il Pluteus 39.1 della Laurenziana di Firenze.

De musica | scheda

Boezio è l'ultimo che conserva l'antica tradizione filosofica greca, ma contemporaneamente il primo fra i teorici medievali perché, scrivendo in latino sarà l'unico 'greco' letto almeno fino al xii secolo.
Contemporaneamente, a partire dal Corpus Dionysiànum la teoria armonica del cosmo e le sirene di Platone diventano angeli che cantano la gloria di Dio [a].
Gli studi di astronomia e musica, pur appartenendo al quadrivium saranno coltivati soprattutto in oriente e la tradizione cristiana si limiterà a parlare di una generica armonia dell'universo, senza più ipotizzare gradi musicali fra i pianeti [b].

a. Gli angeli, tipiche figure delle religioni monoteiste, hanno funzione di contatto fra Dio e l'Uomo. Una prima nomenclatura è quella mesopotamica che influirà direttamente su quella ebraica (ad esempio l'intermediario alato che invoca Dio è detto karabu, in ebraico cherubim, in italiano cherubino). Già in questo contesto vi era relazione fra queste figure e i corpi celesti che permette a Giobbe di dire «quando le stelle del mattino cantavano tutte insieme» (Gb 38.7). Il sukkal (angelo) mesopotamico sarà chiamato 'messaggero' sia in ebraico (mal'akh) che in greco (ànghelos). L'ànghelos per eccellenza è Mercurio.
b. Per e sempio Isidoro (560-636) scriverà: «I filosofi hanno introdotto nella sfera celeste sette cieli dell’universo, cioè i sette pianeti con il moto armonico dei globi: essi dicono che ogni cosa è connessa con le orbite di quegli stessi pianeti e ritengono che tali orbite, unite tra di loro e come inserite l’una nell’altra, si muovono all’indietro, in direzione contraria a quella degli altri corpi celesti» [Etimologie iii.32].

Corpus Dionysiànum (ca 600)

Erroneamente attribuito a Dionigi l'Areopagita (i sec. d.C.) in realtà si tratta di scritti influenzati dal neoplatonismo e in particolare da Proclo. Fra questi spicca De coelesti hierarchia, un testo che offre una gerarchia del cielo che Dante (Paradiso 28.127-132) associerà al cosmo neoplatonico. Anche Kircher (1650), sviluppando l 'incisione di Gaffurio, creerà una relazione fra angeli e pianeti, ma adottando la gerarchia ebraica di Maimonide, non quella cristiana (Daolmi 2017: 150-151).

La gerchia appare così organizzata:
Serafini | Cherubini | Troni — Dominazioni | Virtù | Potestà — Principati | Arcangeli | Angeli

Corpus Dionysiànum | scheda

— Un riferimento nella Topografia cristiana di Cosma (vi sec.):

Pervenutaci anche in un manoscritto miniato alla fine del ix secolo (Vat. gr. 699), l'opera di Cosma, però, è assai più che il semplice racconto di un viaggiatore dell'età di Giustiniano; dalle miniature del codice vaticano, infatti, emerge una concezione del cosmo secondo la quale gli angeli sono i conduttori degli astri, come mostra la sia pur rovinata immagine del foglio 115v. All'interno della fascia zodiacale, ove anche le dodici costellazioni sono state sostituite da coppie di angeli, due messi divini spingono i luminari maggiori. Sullo sfondo, sistemata di profilo, la montagna che rappresenta la Terra. È chiaro che il miniatore, per ragioni di spazio compositivo, è stato costretto a sottintendere gli altri cinque angeli che avrebbero dovuto essere raffigurati nell'atto di spingere i rimanenti astri. [Bussagli, Storia degli angeli (Milano 1995): 115]

Il corpus Dionysiànum è il testo di riferimento su cui si costruirà la cosmologia musicale cristina, viva ancora in epoca moderna, come mostra questo passo di Shakeseare, Il mercante di Venezia, v.1:

[1598] [trad. Carlo Rusconi 1858]
... Look how the floor of heaven
Is thick inlaid with patines of bright gold:
There's not the smallest orb which thou behold'st
But in his motion like an angel sings,
Still quiring to the young-eyed cherubins;
Such harmony is in immortal souls;
But whilst this muddy vesture of decay
Doth grossly close it in, we cannot hear it.
... mira, come la vòlta brillante dei cieli
è seminata di arene d’oro. Fra tutti quei globi
che tu discerni non ve n’ha un solo i di cui movimenti
non abbiano un suono celeste, e non s’accordino
coi concerti dei Cherubini dall’occhio pieno di giovinezza,
tant’è l’armonia che regna presso le anime immortali,
ma che noi udir non possiamo finchè la nostr’anima
è racchiusa in questo grossolano involucro di fragile argilla.

Giovanni Scoto Eriùgena (ca 850)

Irlandese, successe ad Alcuino nella Scuola Palatina di Carlo Magno. Panteista, fu accusato di eresia (anticipando molti degli argomenti poi ripresei dalla Scuola di Chartres). Non si occupò direttamente di musica ma nel suo testo (De Divisione naturae o Periphyseon) accolse l'idea di universo musicale. A lui si deve la traduzione latina di pseudo-Dionigi.

I primi commenti al Timeo sono anonimi e dell'inizio del ix secolo [Teeuwen 2007, Wuidar 2018], pertanto influenzarono i teorici carolingi.

Aureliano di Réôme (ca 850)

È considerato il primo teorico musicale della rinascenza carolingia del ix secolo. Qui l'armonia del cielo è ormai un fatto esclusivamente ditribuito fra angeli e bellezza della natura.

Musica disciplina | scheda

Scuola di Chartres (xii sec. in.)

Scuola legata a una delle più sontuose cattedrali di Francia | | | | | sede, fra le altre cose di un importante scriptorium musicale che ha prodotto codici in notazione carnutense. La scuola fu fondata poco dopo il 1000 dal vescovo Fulberto (†1028).

La scuola filosofica segnerà un significativo ritorno al neoplatonismo, benché la conoscenza diretta di Platone restasse scarsa (a parte il commento di Calcidio al Timeo). Oggetti di studio furono ianche il commento di Macrobio al Somnium Scipionis, e l'opera di Boezio. Figure di spicco furono i fratelli Bernardo e Teodorico di Chartres, Guglielmo di Conches, Giovanni di Salisbury.

Un esempio del pensiero neoplatonico proposto da Chartres è la sequenza anonima A globo veteri, copiata nel Codex Buranus di cui sopravvive parzialmente la musica.

La novità di Chartres fu accolta dalla scuola di Abelardo, anch'essa percepita come eretica. Abelardo fu condannato nel Concilio di Sens (1140) e fra le varie reazioni si segnala il poemetto Metamorphosis Goliae | scheda

Dante (ca 1300)

Dante, con il Pradiso della Divina commedia, propone la sintesi più significativa del cosmo sonoro greco e cristiano, confessando alla fine che il suo modello è pseudo-Dionigi:

E Dionisio con tanto disio
a contemplar questi ordini si mise,
che li nomò e distinse com'io. [xxviii.130-132]

Il cielo di Dante crea un sintesi fra i nove cieli (compreso il primo mobile) e le 10 gerarchie angeliche, come mostra lo schema di Michelangelo Caetani, La materia della Divina commedia dantesca (1855).

  Discipline Cieli Angeli Canti
Filosofia Scienza divina (Teologia) – Empireo Dio xxx-xxxiii
  Scienza morale (Metafisica) 9. Primo mobile Serafini xxviii-xxix
  Scienza naturale (Fisica) 8. Zodiaco Cherubini xxii97-xxvii
Quadrivio Astrologia 7. Saturno Troni (contemplanti) xxi-xxii96
  Geometria 6. Giove Dominazioni (giudicanti) xviii52-xx
  Musica 5. Marte Virtù (milianti) xiv79-xviii51
  Aritmetica 4. Sole Potestà (militanti) x-xiv78
Trivio Retorica 3. Venere Principati (sapienti) viii-ix
  Dialettica 2. Mercurio Arcangeli (amanti) vi-vii
  Grammatica 1. Luna Angeli (spiriti mancanti) i-v

Dal Convivio ii.13

8. A li sette primi [cieli] rispondono le sette scienze del Trivio e del Quadruvio, cioè Gramatica, Dialettica, Rettorica, Arismetrica, Musica, Geometria e Astrologia. A l’ottava spera, cioè a la stellata, risponde la scienza naturale, che Fisica si chiama, e la prima scienza, che si chiama Metafisica; a la nona spera risponde la scienza morale; ed al cielo quieto risponde la scienza divina, che è Teologia appellata. [...]
20. E lo cielo di Marte si può comparare a la Musica per due proprietadi: l’una si è la sua più bella relazione, chè, annumerando li cieli mobili, da qualunque si comincia o da l’infimo o dal sommo, esso cielo di Marte è lo quinto, esso è lo mezzo di tutti, cioè de li primi, de li secondi, de li terzi e de li quarti. 21. L’altra si è che esso Marte, (sì come dice Tolomeo nel Quadripartito), dissecca e arde le cose, perchè lo suo calore è simile a quello del fuoco; e questo è quello per che esso pare affocato di colore, quando più e quando meno, secondo la spessezza e raritade de li vapori che ’l seguono: li quali per lor medesimi molte volte s’accendono, sì come nel primo de la Metaura è diterminato. 22. E però dice Albumasar che l’accendimento di questi vapori significa morte di regi e transmutamento di regni; però che sono effetti de la segnoria di Marte. E Seneca dice però, che ne la morte d’Augusto imperadore vide in alto una palla di fuoco; e in Fiorenza, nel principio de la sua destruzione, veduta fu ne l’aere, in figura d’una croce, grande quantità di questi vapori seguaci de la stella di Marte. 23. E queste due proprietadi sono ne la Musica, la quale è tutta relativa, sì come si vede ne le parole armonizzate e ne li canti, de’ quali tanto più dolce armonia resulta, quanto più la relazione è bella: la quale in essa scienza massimamente è bella, perchè massimamente in essa s’intende. 24. Ancora, la Musica trae a sè li spiriti umani, che quasi sono principalmente vapori del cuore, sì che quasi cessano da ogni operazione: sì è l’anima intera, quando l’ode, e la virtù di tutti quasi corre a lo spirito sensibile che riceve lo suono. 

Ragionamento complicato, inoltre le due prerogative (centralità e calore) sembrano più adatte al Sole.

La prima visione di Dante del cielo esprime il concetto di armonia e circolarità:

Quando la rota che tu sempiterni
desiderato, a sé mi fece atteso
con l’armonia che temperi e discerni,
parvemi tanto allor del cielo acceso
de la fiamma del sol, che pioggia o fiume
lago non fece alcun tanto disteso.
La novità del suono e ’l grande lume
di lor cagion m’accesero un disio
mai non sentito di cotanto acume. [i.76-85]

Gaffurio (1496)

È il più rappresentativo fra i teorici musicali dell'Umanesimo che recuperarono le teorie neoplatoniche.

[da Daolmi, Ritratto di Gaffurio (2017): 146-152]

146] La pubblicazione della Practica musice (1496) ebbe straordinario successo tanto che fu ristampata a Brescia in tre diverse impressioni (1497, 1502, 1508) e di nuovo a Venezia (1512). Il frontespizio, il celeberrimo Cosmo musicale, compare solo nella prima edizione milanese: il disegno è però estraneo al contenuto del libro. Gaffurio lo ripubblicherà nel De harmonia (1518: iv.12), in connessione con un capitolo descrittivo.

148] La correlazione fra astronomia e musica rimanda all’idea platonica di anima dell’universo dove la musica è il soffio vitale razionale. Tuttavia i rapporti instaurati non sono quella tradizionali:

149] Se il legame fra muse e pianeti (cieli) era già stato formulato da Marziano Capella (Nozze i.27-28), la relazione fra scala musicale e pianeti non corrisponde alle due opzioni descritte da Boezio (Musica i.27) che invece pongono entrambe la mese in relazione al Sole. Gaffurio recupera il suo schema da Bartolomeo Ramos de Pareja, un teorico attivo a Bologna, che nel suo Musica practica (1482) aveva proposto questi stessi rapporti fra cieli e note (Haar 1974). Ramos, sulla scorta di Cicerone (Somnium Scipionis v.18), considera la Terra immobile e pertanto fa corrispondere alla Luna il suono più grave dell’antica scala greca (systema téleion). Anche l’associazione con gli otto tropi o trasposizioni tonali (non ‘modi’, come spesso si fraintende), segue il principio di porre il tropo più grave in corrispondenza con il primo suono. Ramos riproponeva questi rapporti per l’intero sistema greco (doppia ottava) attraverso una spirale circolare che saliva di grado. [...]

150] Il disegno di Gaffurio presenta comunque elementi di novità rispetto a Ramos. La terra non è un semplice pianeta, ma uno dei quattro elementi che occupano lo spazio sublunare come appare nel Cielo di Aristotele, e l’armonia cosmica è governata da Apollo affiancato dalle Grazie e da un vaso di fiori. Le Grazie danzanti, con in mano uno strumento, sono descritte in ps-Plutarco (Musica 14) come manifestazione della musicalità di Apollo: qui tuttavia lo strumento è direttamente posto nelle mani del dio.

151] Il vaso di fiori esprime la discesa dell’anima nel mondo, concetto rappresentato dalla coppa silvestre descritta da Macrobio («crater Liberi patris», in Commento i.12.7-8). L’anima infatti, avvicinandosi alla materia («silvestrem tumultum»), s’inebria ed è quindi governata da Dioniso (detto anche Libero). Il motto in alto («Mentis Apollineae vis has movet undique musas», ‘La forza della mente apollinea muove ovunque queste muse’) è un verso tratto da un epigramma originariamente parte dell’Appendix Vergiliana, in realtà anonimo (Riese 1870: ii.120; Peiper 1886: 412). Infine il significato del serpente tricefalo è stato interpretato da Panofsky (1926 e 1955), che vi ha riconosciuto il mostro che accompagna il dio Serapide, espressione e allegoria del Tempo (Macrobio, Saturnali i.20.13-15).

Non è improbabile che il tema della celebre Festa del Paradiso nell’allestimento di Leonardo da Vinci (1490) – dove un cosmo di pianeti impersonati da cantori celebra Isabella d’Aragona – possa essere stato suggerito da Gaffurio. [...]

Nel 1650 Athanasius Kircher riproporrà nel suo Obeliscus Pamphilius un adattamento della silografia di Gaffurio. L’immagine si sviluppa su dieci livelli, invece di nove, e trascura i tropi per introdurre la gerarchia ebraica degli angeli, secondo il dettato di Maimonide (1135-1204):

152] Se il rapporto fra cieli e muse è conservato (pur aggiungendovi il Primo Mobile), le altezze musicali slittano di grado e occupano una decima (ora la terra non è più sorda). I dieci ranghi angelici di Maimonide, sono privati del livello più basso (detto ishim o degli antropomorfi) ed è aggiunto Dio che li sovrasta tutti. Segnalo che nell’incisione l’ordine è modificato (quello originale corrisponde ai numeri fra parentesi qui in tabella) mentre è corretto nella spiegazione che accompagna l’immagine: non è improbabile che l’alterazione sia imputabile al disegnatore, non pratico di testi ebraici. Kircher inoltre sostituisce il vaso di fiori con un girasole, inteso come legame «rerum inferiorum cum superioribus» (p. 243), forse rievocando il mito di Clizia, mentre le tre Grazie esprimono «Apollinis ... splendorem, liberalitatem, faecunditatem». Il serpente, ignorando le connessioni con Cerbero e Serapide, diventa manifestazione della «forza genitale di Apollo diffusa nell’universo», mentre le tre teste significano «la triplice virtù che feconda la terra: umida, focosa e seminale».

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Intonò anche Gaphuri tandem moduli levata, un carme saffico latino scritto da Lancino Curzio, poeta suo contemporaneo, che celebrava il cosmo musicale. Esistono due moderne esecuzioni, del 2000 e del 2009.

Zarlino (1558)

[da Istituzioni armoniche, § i.6: Della musica mondana]

Ripigliando adunque la musica animastica diremo ch'ella è di due sorti, mondana e umana. La mondana è quell'armonia che non solo si conosce essere tra quelle cose che si veggono e conoscono nel cielo, ma nel legamento degli elementi e nella varietà dei tempi ancora si comprende.

Dico che [legamenti e tempi] si veggono e conoscono nel cielo dal rivolgimento, dalle distanze e dalle parti delle sfere celesti, e da gli aspetti, dalla natura e dal sito dei sette pianeti che sono: la Luna, Mercurio, Venere, il Sole, Marte, Giove e Saturno.

Imperoche è stata opinione de molti filosofi antichi, e massimamente di Pitagora, ch'un rivolgimento di sì gran machina con sì veloce movimento non trappassi senza mandar fuori qualche suono. La quale opinione, quantunque da Aristotele [2 Cli. c. 2] sia riprobata, è nondimeno favorita da Cicerone nel lib. 6 della Repubblica dove – rispondendo il maggior Scipione Africano al minore che gli avea dimandato: «Che suono è questo si grande e sì dolce che empie gli orecchi miei?» – dice:

Questo [suono] è quello che congiunto per inequali intervalli, nondimeno distinti per compartita proporzione, è fatto dal sospingere e dal muovere di essi circoli [dei cieli]. Il quale, temperando le cose acute con le gravi, equalmente fa diversi concenti. Perché non si possono far sì grandi movimenti con silenzio, e la Natura porta che gli estremi dall'una parte gravemente e dall'altra acutamente sonino. Per la qual cosa quel sommo corso del cielo stellato il cui rivolgimento è più veloce si muove con acuto e più forte suono, e questo lunare et infimo con gravissimo.

Questo dice Tullio [De Rep. 10]  seguendo il parer di Platone, il quale, per mostrare che da tale rivolgimento nasca armonia, finge ch'a ciascuna sfera soprasieda una sirena che vuol dire 'cantatrice a Dio'.

Et medesimamente Esiodo nella sua Theogonia accennando questo istesso, chiamò Οὐρανία [Urania] l'ottava musa, ch'è appropriata all'ottava sfera, da Οὐρανὸς [Uranos] col qual nome dai greci vien nominato il cielo.

Et per mostrare che la nona sfera fusse quella che partorisce la grande e concordevole unità de suoni la nominò Καλλιόπη [Calliope], che viene a significare di ottima voce, volendo mostrar per questo l'armonia che risulta da tutte quell'altre sfere, come si vede accennato dal Poeta quando disse:

Vos o Calliope precor aspirate canenti [Aeneid. 9]

invocando particolarmente Calliope nel numero del più come principale e come quella al cui volere si muovono e si girano tutte l'altre.

Et tanto ebbero gli antichi questa opinione per vera che nei sacrifici loro usavano musicali istrumenti e cantavano alcuni inni composti di sonori versi, i quali contenevano due parti, l'una delle quali nominavano Στροφὴ [strofe] e l'altra Α'ντιστροφὴ [antistrofe] per mostrare i diversi giri fatti dalle sfere celesti. Percioché per l'una intendevano il moto che fa la sfera delle stelle fisse dall'Oriente in Occidente, e per l'altra i movimenti diversi che fanno l'altre sfere de' pianeti procedendo al contrario, secondo l'opinione di alcuni, dall'Occidente in Oriente.

Et con tali istrumenti ancora accompagnavano i corpi dei lor morti alla sepoltura, essendo che erano di parere che dopo la morte l'anime ritornassero all'origine della dolcezza della musica, cioè al cielo. 

Intermedi (1598)

Le nozze fra Ferdinando de' Medici (granduca di Toscana, 1587-1609) e Cristina di Lorena (nipote di Caterina de' Medici) segnarono l'indirizzo 'francese' della politica granducale. Per l'occasione le feste organizzarono una serie d'intrattenimenti che occuparono l'intero mese di maggio:

1: l’albero di maggio
2: La pellegrina con intermedi
4: calcio in livrea
6: replica degli intermedi + commedia Zingana
8: caccia «di leoni et orsi et ogni sorte d'animali» in piazza S. Croce + combattimento fra topi e gatti
11: giostra + naumachia
13: replica degli intermedi + commedia La pazzia (di Isabella Andreini)
23: «Corso del Saracino»
28: «Mascherata de' fiumi»

Fonti a stampa:

Bastiano De Rossi, Descrizione dell'apparato e degli intermedi (Firenze 1589, anche a Milano e Mantova).

Giuseppe Pavoni, Diario (Bologna 1589).

Vittorio Benacci, Le ultime feste (Bologna 1589).

Simone Cavallino, Raccolta di tutte le solennissime feste (Roma 1589).

Intermedi e concenti (Bologna 1589).

Feste per le nozze Ferdinando de' Medici e Cristina di Lorena

Contribuirono a queste feste, coordinate da Giovanni Bardi (1534-1612), militare e umanista, già responsabile delle feste di Francesco I (1574-1587), fu coinvolto anche in occasione di queste celebrazioni (benché Ferdinando non ne a vesse piena stima e lo fece affiancare da Emilio de' Cavalieri). Accanto a Bardi operarono letterati (Pietro Strozzi), grecisti (Girolamo Mei), e musicisti (Vincenzo Galilei, Jacopo Peri, Giulio Caccini). Tutti loro sono oggi idenficati come 'camerata fiorentina' o 'dei Bardi' contribuirono a definire il 'recitar cantando'.

La pellegrina è una commedia sentimentale che racconta del viaggio di Drusilla che da Lione giungea Pisa incerta circa i sentimenti dell'amato Lucrezio. Un'evidente metafora del matrimonio, in realtà recuperata da una commedia già scritta da Girolamo Bargagli (1564) e per l'occasione riadattata dal fratello Simone. Gli intermedi, concepiti da Bardi, godettoro di scene e costumi disegnati da Bernardo Buontalenti, i cui bozzetti furono raccolti in un volume ora alla Nazionale di Firenze (C.B.53.3.II). I titolo dei sei intermedi furono:

1. L'armonia delle sfere
2. La gara fra Muse e Pieridi
3. Il combattimento pitico d'Apollo
4. La regione de' demoni
5. Il canto d'Arione
6. La discesa di Apollo e Bacco insieme col Ritmo e l'Armonia.

Bernardo Buontalenti (incisione di Annibale Carracci), bozzetto per L'armonia delle sfere, primo intermedio della Pellegrina (Firenze 1589)

Distribuzione dei pianeti

I sei numeri del primo intermedio: 1. | 2. | 3. | 4-5. | 6.

Il ruolo di Ficino

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Sigismondo D'India, Le musiche con alcune arie, con l'alfabetto per la chitarra … libro V (Venezia 1623).

Sfere fermate | li giri sonori
spirti canori | gli accenti lasciate
Udite mirate
La mano, il labro, il viso | di Paradiso

Dite, si suona | da voi sinfonia
tal melodia | in ciel mai risuona?
Da voi qual intuona
La mano, il labro, il viso | di Paradiso

Qui non altr'onde | non sospice svena [= sospettoso resiste, Gdli § 9]
nocchier sirena | col suo canto infido
Ch'ogn'un segue il grido
La mano, il labro, il viso | di Paradiso

Marco Beasley

Maria Cristina Kiehr

Bruno de Sa’ Nunes

Nigel Rogers

Maurizia Barazzoni