Annotazioni

 

François Flameng, Abelardo e la sua scuola sul monte di santa Genoveffa (1889),
murale presso la gran scala del Peristilio della Sorbona.

Metamorphosis Goliae Episcopi

Un poemetto del xii secolo

 

 

 

 

Bibliografia

Manoscritti

H = British Library, Harleian 978, ff. 100v-102v (xiii sec.) | Diamm (ff. 8v-11v), Sumer is icumen in | Indice n. 100, ff. 121v-123v
O = Saint Omer, 710, ff. 122v-124r (xiv sec.) | Cat. 1861 | Descrizione Fierville 1883: 98-108 n. 17 (106)

———

Wright 1841 | “Metamorphosis Goliae Episcopi,” in Latin Poems Commonly Attributed to Walter Mapes, ed. Thomas Wright (London, 1841): 21–39.

Prima ed. da H

Hauréau 1876 | Barthélemy Hauréau, “Mémoire sur quelques maîtres du xiie siècle à l’occasion d’une prose latine publiée par M. Th. Wright”, in Mémoires de l'Institut national de France: Académie des inscriptions et belles-lettres, 28/2 (Paris: Imprimerie Nationale, 1876): 223-238.

224] ... L'autore deve essere un inglese, poiché tra i reggenti delle nostre scuole, dà la preferenza a quelli che l'Inghilterra ha fornito ...
Data il poemetto verso il 1140, escludendo quindi la paternità di Map. Identifica la maggior parte dei personaggi citati alle strofe 48-53:
48/189: doctor ... Canotensis = Teodorico di Chartres, fl. 1121-48 (226)
—/91: presul ... Pictaviensis = Gilberto Porretano, fl. 1142 (227) [a]
49/194: Parvi Pontis incola = Adamo di Petit-Pont (†1181), vescovo e logico inglese che insegnava a Parigi
50/197: theologum ... Lombardum = Pietro Lombardo (†1160), vescovo italiano attivo a Parigi dopo il 1140
—/198: Yvone = Ivo di Chartres jr [da non confondere con Ivo di Chartres già morto nel 1115 (su questo Ivo v. Dall'Orto)], allievo di Porretano (cfr Benton 1975: 209)
—/198: Helyam Petrum = Pietro Elia
—/198: Bernardum = Bernardo (†1130) fratello maggiore di Teodorico, ma più probabilmente Beranardo Silvestre
51/201: Reginaldus = monaco detrattore di Abelardo (Porfirio, v. 204) non meglio identificato
52/205: Robertus theologus = Robert of Melun (†1167), teologo inglese, allievo di Abelardo, che insegna a Parigi (così anche in Benton 1975: 209) [Watherbee non identifica Roberto]
—/206: Manerius = clerico inglese, fl. 1166 [Watherbee lo dice allievo di Abelardo]
53/209: Bartholomaeus = forse il futuro vescovo di Exeter (†1184)
—/211: Robertus Amiclas = autore parigino
a. Benton 1975: 207: Il verso 192 significa che, prima di diventare vescovo, l'uomo in questione era un paladino di Mercurio e Filologia, o più in generale, di eloquenza e saggezza. Questo delicato complimento si adatta perfettamente a Gilbert de la Porrée, che fu insegnante a Chartres e a Parigi prima di diventare vescovo, e permette di datare il poema al periodo successivo alla sua elezione nel 1142.

Bertoni 1911 | Giulio Bertoni, “La poesia dei goliardi”, Nuova antologia di lettere, scienze ed arti, 154 (1911): 620-641

625] ... I versi attribuiti a Golia appartengono, per la loro struttura, a un periodo posteriore a quello in cui fiorì Abelardo; sicché, se anche questi compose poesie goliardiche, è mestiere ammettere che esse ci siano state invidiate dal tempo. Fa probabilmente eccezione la Metamorfosi (scritta nel 1140), nella quale Abelardo dovè introdurre (se egli ne è veramente autore) alcune novità, che contrastano con la sua consueta maniera di poetare. Il componimento potrebbe essere di un suo seguace e l'attribuzione dei codici sarebbe allora errata.

Brinkmann 1925 | Hennig Brinkmann, "Die Metamorphosis Goliae und das streitgedicht Phyllis und Flora", Zeitschrift für deutsches Altertum und deutsche Literatur [ZfdA], 62/1 (1925): 27-36.

Crede una dipendenza della Metamorfosi da Filli e Flora (cb 91 | info).
30] nega l'attribuzione di Bertoni

Strecker 1925 | Karl Strecker, "Die Metamorphosis Goliae und das streitgedicht Phyllis und Flora", ZfdA, 62/3 (1925): 180.

Nega tale dipendenza rintraccindo la fonte nelle Nozze di Marziano Capella: al contrario è Filli e Flora che deriva dalla Metamorfosi.

Strecker 1926 | Karl Strecker, "Kritisches zu mittellateinischen texten", ZfdA, 63/2-3 (1926): 103-127.

111-115] Rapporti con le Nozze di Capella.

Huygens 1962 (ed-2 da HO) | Robert Burchard Constantijn Huygens, “Mitteilungen aus Handschriften”, Studi Medievali 3 (1962), 764–72.

Ed. segnalata in Giuseppe Scalia, Archivum Latinitatis Medii Aevi, 40 (1975): 180-197, a p. 183 — Rist. in Huygens 2000 (v. oltre).

Southern 1970 | “Humanism and the School of Chartres”, in Medieval Humanism and Other Studies, p. 61-85 [link]

Wetherbee 1972 | Wetherbee, Platonism and Poetry in the Twelfth Century (Princeton, 1972), pp. 128-34 (esp. nn. 9, 15)

9] ...a paradigmatic illustration of the uneasy relationship between mythology and cosmology in the Chartrian reading of classical poetry...
127-134] descrizione del poema
128 (nota 4)] ... title bears no clear relation to the poem, and was no doubt added later because of the poem's similarity to other "Goliard" verse...
133-34] Alcune transizioni del poema sono difficili da seguire, ma il controllo del poeta sulle fasi finali mi sembra completo e molto suggestivo. Il dibattito è di fatto sospeso dalla scoperta che Abelardo non è presente, e questa scoperta fa precipitare la pioggia di denunce che conclude il poema. La sorte di Abelardo, il cui “martirio” era dovuto sia all'amore che alla sua insistenza sulla libertà intellettuale, è un'illustrazione particolarmente appropriata del problema posto dal dibattito, e il suo significato è accresciuto dal modo in cui viene introdotto. “Nupta querit": per un attimo Abelardo diventa l'oggetto dell'appello della sposa, un'allusione suggestiva e audace, perché ci fa pensare non solo ad Abelardo come degno sostituto di Mercurio, ma anche al desiderio della sposa scritturale. Il lamento della Filologia, inoltre, e la sua inevitabile associazione con la figura tragica di Eloisa21 , richiamano il Planctus dello stesso Abelardo, i cui soggetti veterotestamentari esprimono una sofferenza molto vicina a quella di Abelardo e di Eloisa nel corso della loro “storia di calamità”. “22 Come il Planctus, e come quei passaggi dell'Historia in cui Abelardo si presenta come una Susannah, un Geremia, persino un Cristo, il suo ruolo centrale nelle Metamorfosi sembra argomentare a favore del sentimento umano, per suggerire che le cause che lo hanno allontanato dal sodalizio coinvolgono più della depravazione. Venere e Pallade sono state messe in contrasto nella vita di Abelardo, ma l'allegoria delle prime parti del poema ha offerto un ricco contesto naturale e umanistico per il dibattito tra loro, e l'improvviso passaggio alla denuncia dei monaci che segue il lamento della Filologia suggerisce che un'errata applicazione di certe norme monastiche ha portato al tradimento di tutti i valori in gioco nel poema. L'effetto finale delle Metamorfosi è quello di suggerire la necessità di tolleranza e di riconoscere la complessità della natura nell'affrontare i problemi umani. Si tratta di una definizione incerta e, per certi aspetti, volutamente evasiva del problema, ma che viene rafforzata da poesie come l'Architrenius.
222] ... Come nelle Metamorfosi, l'arte di Vulcano [in Fillide e Flora] cerca di affermare il primato dell'ordine stabilendo un legame tra la natura sensuale e un'idea di armonia ...

Benton 1975 | John F. Benton,"Philology's Search for Abelard in the Metamorphosis Goliae", Speculum, 50/2 (1975): 199-217.

Utili precisazioni sull'identificazioni di alcuni personaggi
212 ] ...In questa analisi ho avuto un certo disaccordo con Wetherbee, sebbene siamo completamente d'accordo nell'identificare la nupta come filologia. Per lui, uno dei temi principali del poema è l'amore. Dopo che il poeta ha presentato nelle prime 34 strofe "una visione ideale degli elementi dello studio filosofico", la scena viene interrotta da Sileno, dai satiri, da Venere e da Cupido, "come a voler ricordare l'irraggiungibilità pratica di tale perfezione intellettuale". Wetherbee prosegue associando i quattro esempi, forniti dal poeta, di divinità dominate da Venere con "l'ambiguità con cui deve confrontarsi qualsiasi tentativo di sviluppare un sistema coerente a partire dai miti degli autori". Pur commentando modestamente che le sue idee sono offerte "a rischio di sovrainterpretazione", suggerisce che "possiamo vedere nella giustapposizione della morte di Adone con l'adulterio di Venere e Marte la delineazione di due fasi dell'esistenza umana. La prima, rappresentata dall'idillio frustrato dell'amore tra Venere e Adone, sembra rappresentare un ideale perduto, un'unione primordialmente pura, spezzata dalla violenza e dalla morte. La seconda è l'amore in un mondo decaduto, cristallizzato come archetipo della follia umana, prima dai vincula di Vulcano, e ora dalla sua arte". Secondo Wetherbee, questa opposizione è presentata come "un caso da giudicare". Vede filosofi, poeti e studiosi come "una schiera di testimoni"; alla fine di questo gruppo "il poeta introduce poi un personaggio che è sia filosofo che amante, Abelardo... Il destino di Abelardo, il cui 'martirio' fu dovuto sia all'amore sia alla sua insistenza sulla libertà intellettuale, è un'illustrazione particolarmente appropriata del problema posto dal dibattito... Venere e Pallade sono state messe in contrasto nella vita di Abelardo, ma l'allegoria delle parti precedenti del poema ha offerto un ricco contesto naturale e umanistico per il dibattito tra loro..."
Questa analisi è intrigante e sarebbe azzardato negare la suggestione dei ricchi dettagli mitologici forniti dal poeta, eppure mi sembra che Wetherbee abbia visto nel poema molto più di quanto esso effettivamente dica. A mio parere, una lettura più semplice sarebbe più vicina sia al testo che ai valori propugnati da Abelardo stesso. L'ambientazione del poema, come ha dimostrato Wetherbee, è il matrimonio di Mercurio e Filologia, ovvero l'unione di eloquenza e saggezza, che è il fine proprio di un'educazione liberale. Nel suo Heptateuchon, Thierry di Chartres paragonò l'unione del trivio e del quadrivio, che intendeva integrare nel suo libro, al matrimonio di Mercurio e Filologia (43). La concezione poetica dell'autore delle Metamorfosi era quella di mostrare questo matrimonio celeste come un atto senza tempo che continua fino al presente, una celebrazione a cui gli studiosi moderni potevano partecipare accanto agli antichi poeti e filosofi le cui opere erano ancora onorate e insegnate nelle scuole. È più probabile che l'interruzione di Sileno e della sua rumorosa banda colpisca i lettori del XII secolo come un pericolo piuttosto che come un'ambiguità. Nella sua Theologia Christiana Abelardo discute a lungo sul pericolo che la sessualità e il matrimonio rappresentavano per un filosofo, e loda i filosofi pagani per la loro continenza: "Quarum impudentiae petulantiam et Socrates expertus satis est, ceteris in exemplo, quantum oporteat philosophum vitae munditiam observare, nee philosophiae, cui se copulat, alterius quasi adulterae copulam superinducere"(44). Per qualsiasi studente di Abelardo che prendesse sul serio la Theologica Christiana, non avrebbero dovuto esserci dubbi che sarebbe stato meglio rifiutare Venere e abbracciare Pallade, che rappresentava, come spiega la Metamorfosi, "mens divinitatis" (riga 73).
È davvero probabile che un sostenitore di Abelardo negli anni '40 del XII secolo lo considerasse sia "filosofo che amante", o che avesse subito un martirio per amore? Nel 1142 Abelardo aveva più di 60 anni, e la sua relazione con Eloisa e la sua castrazione risalivano entrambe a circa 25 anni prima. L'Historia Calamitatum, scritta da Abelardo o da qualcun altro, chiarisce che il brutale attacco da lui subìto non fu frutto di amore, in un senso positivo del termine, ma di lussuria. Non molto tempo dopo l'aggressione, Folco di Deuil scrisse ad Abelardo per congratularsi con lui per una benedizione mascherata che gli avrebbe permesso di avvicinarsi alle cose dello spirito. Un feroce oppositore come Roscellino derise Abelardo per la sua castrazione, mentre un critico più benevolo come San Bernardo scelse di non menzionare l'incidente, ma non ci sono prove che un osservatore del XII secolo considerasse Abelardo un martire dell'amore (45). Contrariamente alle sue prime lezioni sulla dialettica, gli scritti successivi di Abelardo adottano una linea dura contro le insidie ​​della sessualità. Visti dal punto di vista di un abelardiano degli anni '40 del XII secolo, mi sembra più probabile che le Metamorfosi siano considerate un'opera sull'educazione nel suo senso più alto, in cui Venere può essere dirompente, piuttosto che sulle ambiguità dell'amore. Venere e Pallade sono in conflitto nel poema, ma quel conflitto non è processato davanti agli dei, né filosofi, poeti e studiosi sono presenti come testimoni a un processo. Il matrimonio tra Mercurio e Filologia fu un matrimonio di eloquenza e saggezza, obiettivo dell'educazione liberale. Poeti, filosofi e studiosi, passati e presenti, erano tutti membri del corteo nuziale, ma come notò la sposa, sebbene Abelardo avrebbe dovuto essere presente, non c'era. Il motivo della sua assenza era che era stato messo a tacere da un gruppo di monaci, e l'unica prova nel poema è quella in cui gli dei decisero che i monaci dovessero essere espulsi dalle scuole. Dall'inizio alla fine, il poema è incentrato sulla corretta educazione di un filosofo; Venere appare come un elemento di tale educazione, i monaci come un altro.

Dronke 1976 | Peter Dronke, Abelard and Heloise in medieval testimonies (Glasgow: University of Glasgow Press, 1976).

18 ] ... Il vescovo Golia è il sovversivo finto vescovo della Festa dei Folli, che, finché dura la festa, può sanzionare anche critiche oltraggiose all'istituzione della Chiesa. La sua "metamorfosi" è sia il modo in cui vorrebbe vedere il mondo cambiato, sia il suo rapimento di sognatore – lo stato visionario in cui (così vorrebbe farci credere) è possibile la vera intuizione. Una lettera carolingia a un (vero) vescovo parla della sua consacrazione come di qualcosa che lo trasforma "con una certa metamorfosi meravigliosa (quadam mirabili metamorphosi) in un altro uomo ... introducendolo nei poteri di Dio, nei tesori della sapienza e della conoscenza, consapevole della divinità". [la lettera è quella citata a nota 43 di Steckel 2014]

Southern 1970 | Platonism, scholastic method, and the School of Chartres

Synan 1980 | Edward A. Synan, "A Goliard Witness: The De nuptiis Philologiae et Mercurii of Martianus Capella in the Methamorphosis Golye episcopi", in Florilegium, 2 (1980): 121-145.

Prima traduzione inglese

Southern 1982 | “Humanism and the School of Chartres”, in Medieval Humanism and Other Studies, p. 61-85 [link]

Walsh 1983 | “The schools of Paris and the school of Chartres”, in Renaissance and Renewal in the Twelfth Century, p. 113-137

3] cita Dronke che lo lega alla festa dei folli

Clark 1984 | John R. Clark, “Metamorphosis in the Twelfth-Century Metamorphosis Golye Episcopi”, in Classical Texts and their Traditions. Studies in Honor of C.R. Trahman, ed. David F. Bright, Edwin S. Ramage (Chico ca: Scholar Press, 1984): 7–12.

Payen 1984 | Jean-Charles Payen, "L'utopie chez les Chartrains", Le moyen Age, 90 (1984): 383-400.

388] ... una scrittura molto vicina a quella illustrata nei libri di Bernard Silvestre o di Alain de Lille. Ma l'intera formattazione è contaminata dall'impatto del goliardismo (che pretende di basarsi sul mitico vescovo Goliardo)...
389] ... In questa lotta contro l'ignoranza, gli abitanti di Chartres sono ... la punta di diamante di una vasta offensiva in nome dell'estetica. Essi aspirano a una redenzione attraverso la poesia e l'arte, al servizio delle quali si metteranno a loro volta gli autori dei manuali: penso a Mathieu de Vendôme e Geoffroi de Vinsauf, teorici della poetica, originari di questa regione della Loira, vicina a Chartres, dove a partire da Hildebert de Laverdin e Baudri de Bourgueil è fiorita una rinascita delle lettere latine medievali (Bezzola 2.2: 370 ss).

Clark 1986 | John R . Clark, "Love and Learning in the «Metamorphosis Golye episcopi»", in Mittellateinisches Jahrbuch, 21 (1986): 156-171.

Bayer 1996 | Hans Bayer, "Fingierte häretische Brief- und Propagandaliteratur der Stauferzeit", [a] Sacris Erudiri 36, 1996, S. 161-232 (190-202)

Sposta in avanti, al 1180, la stesua della Metamorfosi, come opera di propaganda eretica connessa ad Alano di Lilla (1125-1202) [traduzione]. Per Huygens 2000 (da DA 1997) non ha alcun fondamento (e Wetherbee 2017 e Garadja 2023 nemmeno lo citano), ma, a parte l'immotivato spostamento in avanti, e quindi il diverso contesto, l'interpretazione non è così lontana dal vero.
a. Titolo completo: "Fingierte häretische Brief- und Propagandaliteratur der Stauferzeit: Der Briefwechsel zwischen Hugo von Honau, Peter von Wien und Hugo Etherianus - Metamorphosis Goliae - Epistula Adelmanns an Berengar - Briefe Thomas Beckets an Konrad von Wittelsbach - Raptor mei pilei" [Finzione epistolare e letteratura di propaganda eretica del periodo Hohenstaufen:
La corrispondenza tra Ugo di Honau, Pietro di Vienna e Ugo Eterio - Metamorfosi Goliae - Lettera di Adelmann a Berengario - Lettere di Thomas Becket a Corrado di Wittelsbach - Raptor mei pilei]

Jasper 1997 | Detlev Jasper [a] [segnalazione di Bayer 1996], in Deutsches Archiv für Erforschung des Mittelalters [DA], 53 (1997): 267-268

H. Bayer [...] continua a interpretare le lettere e le poesie citate nel titolo [del suo articolo] come dichiarazioni di catari o valdesi mascherati della seconda metà del XII o XIII secolo (cfr. in linea di massima DA 38: 696 e DA 48: 717 [b]). Nel caso della lettera di Adelmann di Liegi a Bereugar di Tours (1050 circa), la tradizione manoscritta sopravvissuta risale alla seconda metà del XII o XIII secolo, con un manoscritto di Wolfenbüttel e uno di Admont risalenti a decenni prima, per cui l'interpretazione di Bayer non ha alcun fondamento. Per inciso, entrambi i codici trasmettono l'Epistola Adelmanni completa, edita da R. B. C. Huygens nel 1967 (cfr. DA 24, 540), rimasta sconosciuta all'autore, che preferisce citare se stesso: la sua fonte è la copia della lettera abbreviata, da tempo superata, in Migne PL 143 sp. 1289 ss.
a. Il nome è a p. 399.
b. Hans Bayer, Fugite de medio Babilonis. Der Brief (Pseudo-)Gerhohs an die Kardinäle als fingierte häretische Propagandaliteratur, MIÖG 99 (1991) pp. 347-392, lascia i suoi lettori piuttosto perplessi presentando il trattato comunemente datato al 1166 e tramandato con il nome di Gerhoh (+1169) (ed. Van den Eynde/Rijmersdael, 1, pp. 311-350; edizione parziale: MGH Libelli de lite, 3 pp. 400-411) come una replica dell'opera antieretica di Enrico di Chiaravalle De peregrinante civitate dei (Migne PL 204, 251-402) del 1177 circa, scritta poco dopo il 1179, senza fornire alcuna prova concreta dell'argomentazione, che si presume “ampiamente letterale” (p. 370). Al contrario, egli fa costantemente riferimento al presunto identico stile cripto-cattolico di altri testi del XII secolo, come la raccolta di lettere di Tegernsee, il Ludus de Antichristo, la Historia calamitatum ecclesiae Salzburgensis o la corrispondenza Abelardo-Eloisa, la maggior parte dei quali sarebbero stati fabbricati dalla stessa, non meglio specificata, officina.

Huygens 2000 (ed-2 da HO) | Serta mediaevalia. Textus varii saeculorum x–xiii. Poetica, ed. R.B.C. Huygens (Turnout: Brepols, 2000): 803-825.

Der Text, den ich hier abdrucke, ist das anonyme, in einer Handschrift (H) «Metamorphosis» (-tha-, eine 2. Hand) «Golye episcopi» genannte Gedicht (Walther, Versanfänge 18404). Es wurde zum 1. Male von Wright unter den dem Walter Map zugeschriebenen Gedichten veröffentlicht, und später teilweise von Poole, beide Male nach der Handschrift Harley 978. Näheres darüber findet man in meinem Aufsatz Guillaume de Tyr etudiant. Un chapitre (XIX, 12) de son Histoire retrouve, in Latomus, XXI (1962), S. 814 und passim (1). Il testo che stampo qui è il poema anonimo chiamato “Metamorfosi” (-tha-, di seconda mano) “Golye episcopi” in un manoscritto (H) (Walther, Versanfänge 18404). Fu pubblicata per la prima volta da Wright tra le poesie attribuite a Walter Map, e successivamente in parte da Poole, entrambi dal manoscritto Harley 978. Maggiori dettagli si trovano nel mio saggio Guillaume de Tyr etudiant. Un chapitre (XIX, 12) de son Histoire retrouve, in Latomus, XXI (1962), p. 814 e passim (1).
Ich drucke den Text nach zwei Handschriften ab, von denen die 2. nicht eher benutz wurde. Die Handschrift der British Library Harley 978, s. XIII (H) (2), enthält den Text auf f. 100v, 1. Spalte, bis f. 102v, 1. Spalte. Die 2. Handschrift ist aus Saint-Omer (0), und hat die Signatur 710 (s. XIV, f. 122v, 2. Spalte, bis f. 124, 1. Spalte). Riproduco il testo da due manoscritti, il secondo dei quali non è stato utilizzato in precedenza. Il manoscritto della British Library Harley 978, sec. XIII (H) (2), contiene il testo dal f. 100v, 1a colonna, al f. 102v, 1a colonna. Il secondo manoscritto proviene da Saint-Omer (O) e reca la segnatura 710 (sec. XIV, dal f. 122v, 2a colonna, al f. 124, 1a colonna).
Letztere Handschrift wurde schon 1884 von Fierville in den Notices et Extraits signalisiert, aber sehr herabschätzend beurteilt (3). Es ist wohl deshalb, daß sie nie ganz zum Vergleich herangezogen wurde. Trotzdem lohnt sich das sehr, weil die Handschrift eine ganze Reihe von beachtenswerten Varianten aufweist. Leider fehlt es aber oft an Kriterien zur Entscheidung zwischen den Lesarten beider Handschriften. Ich muß daher weitgehend auf die Herstellung eines kritischen Textes verzichten, drucke den Text aber trotzdem ab, weil man ihn nur so eingehend textkritisch und inhaltlich behandeln kann. Freilich wird für eine endgültige Erklärung mancher Stellen eine breitere handschriftliche Grundlage vonnöten sein. Quest'ultimo manoscritto era già stato segnalato da Fierville nelle Notices et Extraits del 1884, ma era stato giudicato molto negativamente (3). È probabilmente per questo motivo che non è mai stato utilizzato appieno per il confronto. Tuttavia, è molto utile perché il manoscritto contiene tutta una serie di varianti degne di nota. Purtroppo, però, spesso mancano i criteri per decidere tra le letture dei due manoscritti. Devo quindi rinunciare in gran parte alla produzione di un testo critico, ma stampo comunque il testo perché questo è l'unico modo per trattarlo in modo dettagliato dal punto di vista della critica testuale e del contenuto. Certo, per una spiegazione definitiva di alcuni passaggi sarà necessaria una base manoscritta più ampia.
Was ich also vorlege ist ein Text, der zum größten Teil (und orthographisch ganz (4) auf H beruht, in den aber eine Reihe von m. E. evidenten Verbesserungen aus O aufgenommen wurde. An manchen Stellen würde ich die Orthographie von O übernehmen, wenn meine Absicht hier nicht eine andere wäre; das gilt auch für Manches aus dem Apparat, in dem man Lesarten aus 0 verzeichnet findet, die wohl sehr oft das Richtige treffen werden, von denen es sich aber nicht mit Sicherheit entscheiden läßt, ob sie vielleicht nicht doch interpoliert worden sind. Ich überlasse daher die Entscheidung der gewählten und zu wählenden Textgestaltung (5) den Lesern, bemerke aber ausdrücklich, daß m. E. der Text mehr Korrupteln enthält, als man auf den ersten Blick annehmen würde (6). Quello che presento è quindi un testo che si basa in gran parte (e per l'ortografia interamente) (4) su H, ma in cui sono stati incorporati alcuni miglioramenti da O, che a mio parere sono evidenti. In alcuni punti adotterei l'ortografia di O se la mia intenzione non fosse diversa; questo vale anche per alcuni apparati, in cui si trovano letture da O che probabilmente sono molto spesso corrette, ma di cui non si può decidere con certezza se siano state forse interpolate. Lascio quindi al lettore la decisione sul disegno del testo scelto e da scegliere (5), ma faccio espressamente notare che a mio parere il testo è più corrotto. A mio parere, il testo contiene più corruzioni di quanto si possa supporre a prima vista (6).

Jeauneau 2009 | Édouard Jeauneau, Rethinking the School of Chartres (Toronto: University of Toronto Press, 2009).

Per la basi greche e arabe di Chartres v. p. 92-93.

Wetherbee 2017 |

Garadja 2023 | Alexei Garadja, "Метаморфоза епископа Голиафа (текст, перевод и комментарии) | The Metamorphosis Goliae Episcopi (text, translation, and notes)", Платоновские исследования | Platonic Investigations, 19/2 (2023): 341-362.

Где Платон, там и Эрос, с непременной…] Dove c'è Platone, c'è Eros, con l'inevitabile scala di ascesa verso l'Afrodite Celeste e di discesa verso l'Afrodite Pubblica. [a] La Chiesa, attraverso il monachesimo radicale, abolì quest’ultimo e identificò il primo con la Vergine Maria, sperando in questo modo di purificare e “spiritualizzare” i suoi ministri. I filosofi hanno cercato di capire come combinare le due Veneri senza rinunciare a nessuna delle due: né a quella carnale e sfrenata, né a quella che Bernardo Silvestre chiama “musica” e “armonia” del mondo (Comm. En. 9.11, 10.7). Per Bernardo di Chiaravalle la questione dell'armonia non si poneva: il suo unico amore era la Santa Vergine: non a caso era soprannominato Doctor Marianus, e in Dante presenta in modo ispirato la sua amata, diventando la guida finale del poeta attraverso il regno supremo del paradiso. Non a caso, secondo una leggenda successiva, egli assaggiò addirittura gocce di latte spremute dal suo seno. Una tale determinazione sconsiderata conduce, da un lato, ad un alto misticismo di un tipo speciale e nuovo, ma, dall'altro, anche alla militanza verso coloro che non rientrano in un quadro rigorosamente definito: aut ritus aut natio deleatur ("o il battesimo, o il popolo deve essere distrutto", Epist. 457), non aveva dubbi Bernardo, predicando la crociata contro gli slavi baltici (1147).
Con non minore durezza vennero imposte al clero innovazioni “spirituali”. Secondo i contemporanei, i sacerdoti si sposavano apertamente, davano in sposa le figlie dei loro sacerdoti e le assegnavano in dote alla chiesa. Orderico Vitale (1075 – c. 1142) racconta dell’incomprensione con cui il clero normanno accolse nel 1119 il divieto di rapporti con donne, pena la scomunica:
L'arcivescovo, infuriato, abbandonò il pulpito e si allontanò rapidamente dalla riunione, chiamando le sue guardie, alle quali aveva dato in anticipo istruzioni per questo caso. Irruppero immediatamente nella chiesa con bastoni e armi in mano e cominciarono a picchiare i presenti, senza curarsi dei loro volti, mentre continuavano a discutere di ciò che avevano sentito. Poi alcuni membri del clero cominciarono a correre verso casa, ancora nei loro mantelli, attraverso le strade sporche della città; altri, afferrando pali e pietre sparse in giro, cominciarono a reagire, e le guardie spaventate fuggirono nella sacrestia, inseguite alle calcagna. Vergognandosi per essere stati sconfitti da una manciata di teste rasate [chierici] senz'armi, gli uomini dell'arcivescovo chiesero indignati aiuto ai cuochi, ai fornai e ai servi che si trovavano nei paraggi, che ebbero l'audacia di rinnovare la battaglia all'interno del recinto sacro. E tutti quelli che incontravano in chiesa o nel sagrato, che avessero ragione o torto, venivano picchiati, presi a calci o comunque sottoposti a violenza (Hist. Eccl. 12.25). [b]
Come combinare sensualità e spiritualità, lussuria e alte aspirazioni, natura e ragione, mistero e misticismo, amore e apprendimento? Come trovare la forza di considerare almeno entrambi i poli, in basso e in alto, della scala: la natura in tutta la sua nudità e la mente divina, o, più fortemente, la bestialità e la divinità dell'uomo (homo-pecus e homo-deus), come dice Alano di Lilla (Reg. theol. 99); il movimento stesso verso l'alto o verso il basso rispetto allo stato umano fondamentale (tesi) viene da lui chiamato metamorfosi estatica. È proprio questo tipo di “metamorfosi” che è implicito nel titolo della poesia sul “vescovo Golia”.

[a] Platone fa dire a Pausania (Simposio, 180c-185c)  che ci sono due Afroditi e due Eros: l'Afrodite Urania, "celeste" (spirituale),  figlia di  Urano ma non ha madre, e l'Afrodite Pandèmia, popolare (sensuale)  figlia di  Zeus e di Dione -- il movimento dall’alto (amor sacro / Pallade) al basso (amor profano / Venere) rimanda al Simposio, in realtà ignoto nel Medioevo [dd].
[b] Traduce il passo in Le Prévost 1852/iv: 408 (... furibundus praesul de cathedra ...).

Testo

Un poemetto in cui il poeta in sogno accede all'olimpo dove si celebra il matrimonio di Mercurio e Filologia, turbato dalla sparizione di Mercurio condannato dai Cistercensi (chiaro riferimento alla condanna di Abelardo).

Il poemetto identifica una fusione fra due mondi (Mercurio/natura, e Filologia/ragione), e ‘metamorfosi’ spiega forse la trasformazione di Abelardo in Mercurio. In qualche modo gli dèi rappresentano la materia (natura) e l’umanità lo spirto vitale (ragione)

59 strofe: a parte le prime 2 strofe introduttive in cui il poeta parla in prima persona, seguono tre gruppi di 19 strofe. Il numero 19 è il risultato della somma delle prime 5 cifre della serie Platonica: 1 2 3 4 9, cioè l'unità con doppio triplo, quadrato e cubo. Sembra che la struttura poetica segua cioè lo schema:

doppio + quadrato | unità | triplo + cubo —— [2+4 | 1 | 3+9]

Non è possibile dire se questa struttura sia un caso. Certo è abbastanza insolito che si ripeta tre volte.

  Il poeta sogna
1. Sole post Arìetem | Taurum subintrante
novo terre faciem | flore picturante
pinu sub florigera | nuper pullulante
membra sompno foveram | paulo fessus ante
Il Sole, dopo l'Ariete, raggiunge il Toro: [a]
nuovi fiori ornano la faccia della terra.
Sotto un albero fiorito e appena sbocciato
abbandonavo al sonno le membra, ormai stanco.
2/5. Nemus michi videor quoddam subintrare
cuius ramus ceperat omnis flosculare
quod nequivit hyemis algor deturpare
nec a sui decoris statu declinare
Mi sembrava d'insinuarmi in un bosco
dove ogni ramo aveva cominciato a fiorire,
dove il freddo dell'inverno non poteva corrompere
o alterare il suo stato di bellezza.
  Il bosco sonoro (2)
3/9. Circa ima nemoris aura susurrabat
cuius crebro flamine nemus consonabat
et ibidem gravitas rauca crepitabat
sed appulsu melico tota resultabat
In basso nella foresta il vento mormorava,
e della continua brezza il bosco risuonava [b]
e lì i toni rochi e gravi rimbombavano,
ma ogni impulso appariva musicale.
4/13. Circa partis medie medium ramorum
quasi multitudinem fingens tympanorum
personabat melicum quiddam et canorum
et extremo carmine dulcius olorum
Tra le parti mediane nel mezzo del bosco, [c]
sembrando quasi una moltitudine di timpani,
risuonava qualcosa di melodioso e armonioso
ma più dolce dell'ultimo canto del cigno. [d]
  armonia (4)
5/17. Epytrita, sexcupla, dupla iunctione
fit concentus consona modulacione
et, ut a canentibus fit in Elycone
totum nemus resonat in proporcione
Dall'unione di epitrita [4/3], sestupla [3/2] e doppia [2/1]
viene una consonanza d'armoniosa modulazione,
e come quando si canta in Elicona [e]
tutto il bosco risuona secondo proporzioni.
6/21. Nam ramorum medium flabro quaciente
et pulsu continuo ramos inpellente
mixtim semitonio interveniente
sonat dyatessaron, sonat dyapente
Così, battendo il vento a metà dei rami,
agitati quei rami da impulso costante,
misto al semitono prodotto
risuona la quarta, risuona la quinta.
7/25. Set in parte nemoris eminenciore
resonabat sonitu vox acuciore
ut pars summa medie cum inferiore
responderet mutuo concordi tenore
Ma nella parte superiore del bosco
si sentiva una voce più acuta
così la media della parte alta con la bassa
si univa al tenor in reciproca consonanza.
8/29. Hic auditur avium vox dulcicanarum
quarum nemus sonuit voce querelarum
sed illa diversitas consonanciarum
prefigurat ordinem septem planetarum
Qui si sentivano voci d'uccelli con dolci canti
del cui gorgheggio il bosco risuonava:
proprio questa diversità di consonanze
prefigura l'ordine dei sette pianeti. [f]
  un prato (1)
9/33. Nemoris in medio campus patet latus
violis et alio flore purpuratus
quorum ad fragranciam et ad odoratus
visus michi videor esse bis renatus
A metà del bosco appare un ampio prato
porporato di violette e altri fiori
alle cui fragranze e al profumo
della scena mi sembra di essere rinato due volte
a. L'entrata del Sole nel Toro corrisponde all'equinozio di Primavera. — b. I riferimenti musicali nel bosco sono mutuati da Capella (De nuptiis 1.11). — c. L'idea di medietas è alla pase della teoria armonica del Timeo (cfr anche i vv. 21, 27, 33) — d. Oltre ad Ovidio (Her. 7.2) il mito del cigno è anche in Bernardo Silvestre (Cosmographia 1.3.449–50). — e. Il luogo dove abitano le muse. — f. Anche l'armonia dei pianeti è in De nuptiis 1.12.
  Un palazzo (3)
10/37. Stat ibidem regia columpnis elata
cuius substat iaspide basis solidata
paries iacinctinus, tecta deaurata
intus et exterius tota picturata
C'era un palazzo innalzato su colonne
il cui pavimento posava saldamente sul diaspro,
le pareti di zaffiro, il tetto d'oro,
dentro e fuori tutto dipinto [a]
11/41. Coniectare ceperam ex visa pictura
quod divina fuerat illa celatura
hoc Vulcanus fecerat speciali cura
totum sub involucro, totum sub figura
Cominciai a capire dalla decorazione che vedevo
che la costruzione era opera divina.
Vulcano l'aveva eseguita con una cura speciale
tutto [lo mostrava]: la struttura come il disegno.
12/45. Hic sorores pinxerat novem Elyconis
et celestis circulos omnes regionis
et cum hiis et aliis eventum Adonis
et Gradivi vincula et sue Dyonis
Qui aveva dipinto le nove sorelle di Elicona
e tutte le sfere della regione celeste
e tra questi ed altro la morte di Adone
e i legami di Gradivo [Marte] con la sua Dione. [b]
  L'empireo con Mercurio (9)
13/49. Ista domus locus est universitatis
res et rerum continens formas cum formatis
quas creator optimus qui preest creatis
fecit et disposuit nutu bonitatis
Questa casa è luogo dell'universo
contiene la cosa e le forme di quanto è formato [c]
che il creatore ottimo che preesiste alla creazione
fece e dispose come manifestazione di bontà.
14/53. Hic intus multimodum audio concentum
ut dearum crederem fieri conventum
nam in suo genere omne instrumentum
sonat, et leticie facit argumentum
All'interno sento tal concerto polifonico
da farmi immaginare un consesso di divinità,
infatti ciascun strumento secondo la sua natura
suona ed è causa di letizia.
15/57. Illic quem audieram strepitus vocalis
rerum est concordia proporcionalis
nam ut sibi consonat vox instrumentalis
sic est nexus musicus in rebus equalis
Lo strepito delle voci che ho sentito in quel luogo
è la proporzionata concordia delle cose.
Così, come la voce degli strumenti è in sé consonsante
simile è il legame musicale fra le cose.
16/61. Intus regem conspicor alte residentem
et de more regio sceptro innitentem
et ipsius lateri coniugem herentem
hunc et illam subditis rebus disponentem
All'interno vidi il re seduto in alto
con lo scettro tenuto in modo regale
e a lato sua moglie vicina:
sia lui che lei amministravano il mondo sottostante. [d]
17/65. Per hunc rebus insitus calor figuratur
quamvis hic et aliud per hunc innuatur
per hanc tota machina mundi temperatur
arbor fructus parturit, terra fecundatur
Per lui si manifesta il calore dentro la materia,
benché con lui si mostra questo e altro
e con lei l'intera macchina del mondo è temperata,
gli alberi producono frutti, la terra è resa fertile.
18/69. Innuba de vertice regis Pallas exit
quam sibi collaterans firmo nexu nexit
illa peplo faciem circumquaque texit
nec nisi ad patrios visus se detexit
Pallade esce vergine dalla testa del re
che con fermo legame [il re] tenne unita a sé.
Ella si cucì un velo tutt'intorno alla figura
e non si svelò il volto se non ai padri. [e]
19/73. Hec mens est Altissimi, mens divinitatis
que nature legibus imperat et fatis
incomprehensibilis res est deitatis
nam fugit angustias nostre parvitatis
Lei è la mente dell'altissimo, la mente della divinità
che controlla le leggi della natura e del destino.
La realtà della divinità è incomprensibile
perché sfugge ai limiti della nostra miseria. [f]
20/77. Video Cyllennium, superum legatum
a predicti numinis sinistris locatum
ut nubentem decuit totum purpuratum
quadam pube tenera faciem umbratum
Vedo Cillenio [Mercurio] il messaggero degli dei
posto alla sinistra del suddetta divinità
secondo l'uso degli sposi tutta porporato,
il volto ombreggiato da una leggera peluria. [g]
21/81. In hoc quod est nuncius, volo designare
eloquendi gratiam multos copulare
Eius dixi faciem pubem obumbrare
sic sermonem lepide debes colorare
Con il suo ruolo di messaggero intendo spiegare
che la grazia dell'eloquenza unisce molte persone. [h]
Ho detto che la pubertà ne ombreggia il volto:
con simile spirito si deve adornare il sermone. [i]
a. Cfr Ovidio, Met. 2.1-18. — b. Dione è la madre di Venere, ma spesso usata per identificare Venere stessa. Adone è l'amante di Venere (Afrodite) secondo il mito ucciso da un cinchiale del geloso Marte. I due versi probabilmente identificano gli amori carnali e la loro fine tragica.c. Rif. a De nuptiis, 1.35; ripreso anche in Chrétien de Troyes, Erec et Enide, 6812-19. — d. Il regno condiviso è un'interpretazione insolita. Forse rimanda a Bernardo Silvestre che immaginava il mondo governato dalla platonica Provvidenza unita alla Natura. — e. Questa intelligenza che sorge da Dio (detta Pallade in ossequio al mito antico) è probabilmente l'anima mundi platonica. — f. Il verso spiega perché Pallade è velata. — g. Mercurio è frequentemente visto come braccio destro di Giove. — h. L'idea di comunione, il bene promosso dall'eloquenza (dote di Mercurio), è un'atra manifestazione dell'idea di armonia espressa dalla musica. — i. Riferimento al favore riconosciuto alla giovinezza (motivo di energia e seduzione) nella pratica oratoria.
  La sposa (2)
22/85. Nupta sibi comes est de stirpe divina
vestis de cyndalio, partim hyalina
Vultus rutilancior rosa matutina
quam nec sol decoxerat, nec lesit pruina
La sua sposa [Filologia] è di stirpe divina,
la sua veste di seta è in parte verde mare,
il suo viso brilla più della rosa del mattino
che il sole non ha inaridito né il gelo rovinato.
23/89. Nisi sapientie sermo copuletur
vagus, dissolutus est, infirmus habetur
et cum parum proficit, parum promeretur
eget ut remigio eius gubernetur
Se la parola non è unita alla saggezza
è casuale, incontrollata, ritenuta senza valore,
e poiché non fa del bene non ha ricompensa,
le manca ciò che potrebbe guidare il suo corso.
  Il dono di Saggezza (4)
24/93. Hanc donavit Fronesis dono speciali
in conventu numinum die nupciali
capiti inposuit sertum virginali
cuius domus rutilat gemma mediali
Phronesis [Saggezza] fece a lei un dono speciale:
alla presenza degli dei il giorno delle nozze
pose sul capo della fanciulla una ghirlanda
per cui il palazzo fu illuminato dalla gemma centrale.
25/93. Per sertum significo circumductionem
ut agendo habeas circumspectionem
gemma serti media signat rationem
cuius prevenire est omnem actionem
Con la ghirlanda intendo la circospezione:
come nell'agire si ha lungimiranza
la gemma al centro della ghirlanda significa la ragione
per cui si deve preparare ogni azione.
26/101. Sol sublimis capite suum gerit sertum
hinc et hinc innumeris radiis refertum
nichil huic absconditum, nichil inexpertum
set quid hoc significet satis est apertum
Il Sole in alto porta una sua ghirlanda
con qui e là innumerevoli raggi,
nulla gli è nascosto, nulla inesplorato
ma ciò che significa è ben noto. [a]
27/105. Huius erat facies mille specierum
diadema capitis clarum et sincerum
hic est mundi oculus, et causa dierum
et vitalis spiritus, et fomentum rerum
Il volto del quale era di mille forme
con diadema in testa chiaro e sincero.
Egli è l'occhio dell'universo, portatore del giorno
lo spirito vitale, il nutrimento delle cose.
  Gli elementi (1)
28/109. Ante deum quatuor erant urne stantes
elementis omnium rerum redundantes
diversorum generum era imitantes
hee sunt partes quatuor anni designantes
Davanti al dio c'erano quattro urne
piene degli elementi di tutte le cose,
imitando i periodi di diversi generi
designano le quattro parti dell'anno. [b]
a. Similitudine della gemma della ghirlanda con la luce del sole, metafora della conoscenza, perché lui tutto illumina. — b. Centralitù del numero 4 che corrisponde agli elementi e alle stagioni.
  Le Muse (3)
29/113. Sua Elyconides tenent instrumenta
ut perfecta gaudii fiant complementa
et applaudunt organis inter sacramenta
queque rei mystice prebent argumenta
Le eliconidi [muse] preparano i loro strumenti
affinché la gioia dell'occasione sia completa:
danno voce agli strumenti in mezzo alla cerimonia
e inoltre offrono contenuti al rito mistico.
30/117. Novem sunt in ordine, novem cecinere
novem novas manibus liras tenuere
et diversos pollice nervos tetigere
sed tamen concorditer sibi respondere
Sono in nove nella compagnia, nove cantavano,
nove tenevano in mano nuove cetre
e toccavano con le dita le diverse corde
eppure rispondevano l'uno all'altro armonicamente.
31/121. Quid designent, dicere grande non est onus
novem orbes opifex fecit ille bonus
octo sibi consonant, sono caret nonus
nam non habet fieri sine motu sonus
Cosa significhi non è difficile:
il buon creatore ha creato nove sfere,
otto cantano in armonia, la nona manca di suono
perché il suono non può esistere senza movimento.
  Psiche Grazie Sileno Venere Amore (9)
32/125. Vel sunt dotes, opifex quas Sychi largitur
quibus circumcingitur, quibus investitur
et quibus per circulos labens insignitur
cum carnis hospicium fragile aditur
Inoltre sono doni che il creatore ha concesso a Psiche
[doni] di cui è circondata, di cui è investita
e di cui è insignita nel percorrere le sfere
quando accede al fragile contenitore del corpo. [a]
33/129. Tres astabant virgines versus Iovem verse
stabant firme digitis connexis inter se
sunt aversa corpora, facies averse
sunt excelsi numinis proles universe
Tre fanciulle [b] erano in piedi rivolte verso Giove,
stavano con le dita saldamente intrecciate
i corpi rivolti altrove, i volti guardano indietro:
sono universo e prole del divino celeste.
34/133. Donum Dei largitas esse deputatur
siquis quicquam dederit, mox restituatur
et dati memoria firme teneatur
ut si simplex fuerit, duplex revertatur
La generosità è considerata un dono di Dio
se qualcuno ha dato qualcosa, che sia presto ripagato
e che il ricordo del dono sia tenuto ben in mente
anche se semplice che sia doppiamente ripagato.
35/137. Hinc cum bombis strepitus sonat crotallorum
a Sylleno ducitur agmen satyrorum
Temulentus titubat, et precedit chorum
atque risus excitat singulis deorum
Ora tra i colpi di tamburo risuonano i sonagli,
una banda di satiri è guidata da Sileno,
egli traballa ubriaco e supera il coro
provocando le risate di tutti gli dei.
36/141. Horum parti maxime Venus dominatur
iste sibi supplicat, ille famulatur
Hanc de more filius suus comitatur
nudus cecus puer est facies alatur
Venere domina la maggior parte della compagnia:
questo la supplica, quello l'asseconda,
come di consueto la accompagna il figlio [c]
nudo, cieco, appare giovane, è alato.
37/145. Nudus, nam propositum nequid sepelire
cecus, quia racio nequid hunc lenire
puer, nam plus puero solet lascivire
alatus, dum [g] facile solet preterire
È nudo, perché non può nascondere i suoi propositi.
Cieco, in quanto la ragione non può placarlo.
Giovane, perché più d'un giovane è lascivo.
Alato, perché fugge facilmente.
38/149. Illius vibrabile telum est auratum
et in summa cuspide modice curvatum
telum invitabile, telum formidatum
nam qui hoc percutitur pellit celibatum
L'arma che brandisce è dorata
e con la sua punta leggermente ricurva
è un'arma inevitabile, un'arma da temere
perché chi è colpito da essa abbandona il celibato. [d]
39/153. Sola soli Veneri Pallas adversatur
et pro totis viribus usque novercatur
nam quod placet Veneri Pallas aspernatur
Venus pudiciciam raro comitatur
Pallade si oppone a Venere [e], una contro una,
con tutta la sua forza al punto da essere matrigna:
perché Pallade disprezza ciò che è gradito a Venere,
Venere raramente è amica della castità.
40/157. Hic diversi militant, et diverse vite
qui ab usu solito dissident invite
quibus an plus valeat Pallas Afrodite
adhuc est sub pendulo, adhuc est sub lite
Adesso diversi militano, e con diverse opinioni,
perché si allontanano con riluttanza dall'uso solito:
per loro se più valga Pallade o Afrodite
ancora è incerto, ancora si discute.
a. Incerto il ruolo assunto da Psiche in questo contesto. — b. Le Grazie. — c. Amore. — d. Chiaro riferimento al contesto monastico (all'epoca ia preti non era vietato il matrimonio) cui il poeta evidentemente appartiene. — e. Contrapposizione fra ragione e desiderio.
  Coppie divine (2)
41/161. Nexibus Cupidinis Syche detinetur
Mars Nerine coniugis ignibus torretur
Ianus ab Argiona disiungi veretur
Sol a prole Pronoes diligi meretur
Psiche è presa nella rete di Cupido,
Marte brucia ardente per la moglie Nerina,
Giano teme di essere separato da Argione,
il Sole guadagna l'amore della figlia di Pronoia.
42/165. Syche per illecebras carnis captivatur
sors in Marte fluctuat, Nereus vagatur
opifex in opere suo gloriatur
quid fiat in posterum Deo scire datur
Psiche cade in preda alle tentazioni della carne,
le fortune di Marte fluttuano, Nereo divaga.
Il creatore si gloria della sua creazione:
sapere cosa accadrà in seguito è concesso a Dio.
  Coppie umane (4)
43/169. Aderant philosophi; Tales udus stabat
Crisippus cum numeris, Zeno ponderabat
ardebat Eraclius, Perdix circinabat
motus ille Samius proportionabat
Anche i filosofi erano presenti: Talete bagnato, [a]
Crisippo con i numeri; Zenone pesava,
Eraclito bruciava; Perdice [Calo] disegnava cerchi,
quello di Samo [Pitagora] proporzionava il moto.
44/173. Hinc dissuadet Appius, hinc persuadet Cato
implicabat Socrates, explicabat Plato
vacuum Archesilas tenuit pro rato
esse quod inceperat undique locato
Qui Appio dissuade, là Catone persuade,
Socrate implicava, Platone esplicava,
Arcesilao sosteneva la legge universale
che tutto ciò che aveva avuto un inizio era nullo.
45/177. Secum suam duxerat Getam Naso pullus
Cynthiam Propercius, Delyam Tibullus
Tullius Terenciam, Lesbiam Catullus
vates huc convenerat sine sua nullus
Il giovane Nasone [Ovidio] portò la sua tracia, [b]
Properzio la sua Cinzia, Tibullo Delia,
Cicerone Terentia, Catullo Lesbia.
Nessuno dei poeti era venuto senza il suo amore.
46/181. Queque suo suus est ardor et favilla
Plinium Calpurnie succendit scintilla
urit Apuleium sua Pudentilla
hunc et hunc amplexibus tenet hec et illa
Ognuna per il suo [uomo] è ardore e passione:
la scintilla di Calpurnia infiamma Plinio,
la sua Pudentilla fa bruciare Apuleio,
entrambe stringono i compagni nell'abbraccio.
  La poesia (1)
47/185. Versus fingunt varie metra variantes
coturnatos, lubricos, enodes, crepantes
hos endecasillabos, illos recursantes
totum dicunt lepide, nichil rusticantes
Compongono versi diversi con metri differenti,
nobili, divertenti, morbidi, aspri,
ora in endecasillabi, ora con ritornello
tutto quanto intonano è amabile, mai rozzo.
a. A talete si attribuiscono gli studi sull'acqua. — b. L'amante di ovidio era di origine geta, ovvero tracia.
  Scuola di Chartres (3)
48/189. Ibi doctor cernitur ille Carnotensis
cuius lingua vehemens truncat velud ensis
et hic presul presulum stat Pictaviensis
proprius nubencium miles et castrensis
Qui si riconosce il dottore di Chartres [a]
la cui lingua severa taglia come una spada
ed anche la guida dei sacerdoti di Poitiers [b]
soldato e guerriero al servizio degli sposi.
49/193. Inter hos et alios in parte remota
Parvi Pontis incola, non loquor ignota
disputabat digitis directis in iota
et quecumque dixerat erant per se nota
Insieme a questi e ad altri, in un luogo separato
abitante a Petit-Pont [c] – non dico cose ignote –
disputava con le dita mettendo i puntini sulle i
e qualsiasi cosa dicesse era notevole.
50/197. Celebrem theologum vidimus Lumbardum
cum Yvone, Helyam Petrum, et Bernardum
quorum opobalsamum spirat os, et nardum
et professi plurimi sunt Abaielardum
Abbiamo visto il celebre teologo Lombardo
con Ivo, Pietro Elia e Bernardo [d]
le loro labbra diffondono balsamo e nardo
e tutti insegnano le dottrine di Abelardo
  Abelardo contro i Cistercensi (9)
51/201. Reginaldus monachus clamose contendit
et obliquis singulos verbis reprehendit
hos et hos redarguit, nec in se descendit
qui nostrum Porphirium laqueo suspendit
Il monaco Reginaldo [e] discute ad alta voce
e contesta ogni punto con parole sottili
sfidando questo e quello, non si tira mai idietro
lui che ha appeso il nostro Porfirio [f] ad un cappio.
52/205. Robertus theologus corde vivens mundo
adest et Manerius quem nulli secundo
alto loquens spiritu et ore profundo
quo quidem subtilior nullus est in mundo
Il teologo Roberto, [g] che vive puro di cuore
è qui con Manerio [h] a nessuno inferiore,
con spirito elevato e parole profonde
rispetto al quale nessuno al mondo è più sottile.
53/209. Hinc et Bartholomaeus faciem acutus
retor, dyaleticus, sermone astutus
et Robertus Amiclas simile secutus
cum hiis quos pretereo, populus minutus
Poi c'è Bartolomeo, [i] attento osservatore
retore, dialettico, sottile nel parlare,
e allo stesso modo segue Robert Amiclas, [j]
e con questi il popolo minuto che trascuro.
54/203. Nupta querit ubi sit suus Palatinus
cuius totus extitit spiritus divinus
querit cur se subtrahat quasi peregrinus
quem ad sua ubera foverat et sinus
La sposa chiede dove possa essere il suo Palatino [k]
il cui spirito è tutto divino,
chiede perché si sia ritirato come un estraneo
colui che aveva stretto ai fianchi e al seno.
55/207. Clamant a philosopho plures educati
“Cucullatus populi primas cucullati
et ut cepe tunicis tribus tunicati
imponi silencium fecit tanto vati
I molti studiosi formati dal filosofo gridano:
«Il primate incappucciato [l] della tribù incappucciata,
vestito con tre tuniche come una cipolla,
ha fatto imporre il silenzio a questo grande maestro.
56/211. Grex est hic nequicie, grex perdicionis
impius et pessimus heres Pharaonis
speciem exterius dans religionis
sed subest scintillula supersticionis
Questa è la folla dei malvagi, la folla dei dannati,
gli empi e i più malvagi eredi di Faraone,
che mostrano esteriormente l'apparenza della religiosità,
ma dentro hanno la fiamma della superstizione.
57/215. Gentis gens quisquilia, gens hec infrunita
cuius est cupiditas mentis infinita
Istos ergo fugias, et istos devita
et hiis ne respondeas, ‘non est sic vel ita’
Gente inutile fra le genti, gente senza senso
la cupidigia delle loro menti è infinita.
Fuggi da loro e prendi un'altra strada
e non risponder loro "non è così ma così"».
58/219. Dii decernunt super hoc, et placet decretum
ut a suo subtrahant hunc a cetu cetum
et ne philosophicum audiat secretum
studii mechanici teneat oletum
Gli dei deliberano al riguardo, e piaccia la decisione
che il gruppo sia allontanato da questa compagnia,
che non ascoltino il mistero filosofico
e stiano nel letamaio delle scienze meccaniche.
59/223. Quicquid tante curie sanctione datur
non cedat in irritum, ratum habeatur
cucullatus igitur grex vilipendatur
et a philosophicis scolis expellatur. AMEN
Ciò ch'è stabilito da tanto tribunale
non può essere ignorato, deve essere considerato,
perciò la tribù degli incappucciati sia disprezzata
e bandita dalle scuole dei filosofi. AMEN
a. Teodorico di Chartres, principale figura della scuola di Chartres. — b. Gilberto Porretano, vescovo di Poitiers (1142-1154), studiò a Chartres e fu maestro di Giovanni di Salisbury. Gli estremi del suo vescovado identificano l'epoca di composizione del poema. — c. Adamo di Petit-Pont, logico che insegnò a Parigi. — d. Pietro Lombardo (il cui Liber sententiarum fu commentato da Adamo); Ivo, diacono di Chartres; Pietro Elia, grammatico e innovatore; forse Bernardo Silvestre. Sono tutti intellettuali di grande erudizione favorevoli ad Abelardo. — e. Monaco non identificato, detrattore di Abelardo. — f. Abelardo. Qui più che un riferimento al filosofo Porfirio si fa un gioco con 'porporato' che rimanda all'abato vestito dallo sposo. — g. Rober of Melun. — h. L'allievo più brillante di Abelardo. — i. Forse il futoro vescovo di Exeter. — j. Maestro a Parigi. — k. Abelardo, identificato come Mercurio (abitante del cielo, quindi 'palatino') oppure in riferimento a Le Pallet, luogo di nascita di Belardo. — l. Bernardo di Chiaravalle, cistercense, principale detrattore di Abelardo.