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Stemma dei Visconti presso il castello di Somma Lombardo
(muro del portico del primo castello).

I Visconti e la musica

Davide Daolmi © 2019

 

 

Dalla signoria al ducato

Versione estesa

Dopo la Pace di Costanza (1183) a Milano si contrappongono due famiglie di estrazione feudale, i Della Torre e i Visconti. Dopo ripetuti scontri, Ottone Visconti, già preferito da papa Urbano IV a Raimondo della Torre per la nomina ad arcivescovo di Milano nel 1262 dà di fatto, inizio alla Signoria viscontea. Ottone fa nominare Capitano del Popolo il pronipote Matteo, scelto come successore.

Matteo in cambio di un prestito di 50.000 fiorini d'oro, ottiene dall'imperatore Enrico VII la nomina a Vicario Imperiale . Per nobilitare la famiglia, di antica origine ma priva di titoli, se non quello di visconte da cui deriva il nome della casata, stringe legami di parentela con i marchesi di Ferrara attraverso le nozze del figlio Galeazzo con Beatrice d'Este. Conquista di Piacenza, Bergamo, Como, Cremona, Alessandria, Tortona, Pavia, Vercelli e Novara.

Galeazzo I, già associato al padre come Capitano del Popolo, riesce a conservare i nuovi territori lasciandoli al figlio Azzone che, secondo gli storici del tempo, raddoppia la potenza di Milano conquistando con truppe mercenarie Lodi e Brescia, pur essendo un amante della pace, dell'arte e della cultura. Realizza ponti, mercati, fognature, strade lastricate, rinforza le mura e le porte cittadine facendole anche decorare con sculture commissionate al toscano Giovanni di Balduccio, mentre a Giotto sono affidati gli affreschi che decorano il Palazzo Ducale.

Luchino, abile condottiero, promuove anche le attività economiche dando impulso all'agricoltura, in particolare alle marcite e alla viticoltura, all'allevamento, soprattutto quello dei cavalli di razza, e all'artigianato, con le produzioni di tessuti e armi. Alla sua morte, il fratello Giovanni, già arcivescovo di Milano, riunisce nelle proprie mani poteri spirituali e temporali, dedicandosi con straordinario intuito politico all'ampliamento dello Stato: compra la città di Bologna, si fa nominare Signore di Genova, conquista l'alta Valle del Ticino, stabilisce inoltre importanti alleanze con i più potenti Stati italiani mediante abili accordi matrimoniali

Dei tre nipoti, che si dividono lo Stato alla sua morte, Matteo II si imparenta con i Gonzaga (Mantova), Bernabò sposa Regina Della Scala (Verona), Galeazzo II Bianca di Savoia. Dopo la morte di Matteo II, i fratelli si dividono la città e il territorio, che si riduce progressivamente per gli attacchi di una lega antiviscontea capeggiata dal papa: Genova torna indipendente, Bologna è ceduta al Papato, ma viene conquistata Pavia, scelta come propria sede da Galeazzo II che vi fa costruire il castello, inespugnabile fortezza ma anche raffinata residenza.

Giangaleazzo, dopo la morte del padre e la riunificazione del dominio milanese nelle mani di Bernabò, con accorta politica conquista la fiducia di sudditi e Stati vicini fino a impadronirsi del potere nel 1385, quando si fa proclamare Signore dal Consiglio Cittadino dopo aver imprigionato lo zio e i suoi figli. Abile politico e amministratore e generoso mecenate, favorisce i commerci potenziando le vie di terra e d'acqua, dà inizio a grandi imprese architettoniche come la costruzione del Duomo di Milano e della Certosa di Pavia, estende il territorio dello Stato fino a Feltre e Belluno impadronendosi di Verona e Padova, recupera Genova e Bologna, conquista Pisa, Lucca e Siena, strappa al Papato Perugia e Assisi. Nel 1395 ottiene dall'imperatore il definitivo riconoscimento giuridico del dominio visconteo con il titolo di Dux Mediolani per sé e per i propri discendenti.

La morte del primo duca di Milano, che lascia due figli ancora bambini, dà inizio a un periodo drammatico di ribellioni dei territori appena conquistati e di lotte interne per il potere, concluso con l'uccisione di Giovanni Maria, appena ventitreenne. Gli succede il fratello Filippo Maria, dal carattere diffidente e incostante, ma abilissimo politico, che riconquista gran parte dei territori perduti dopo la morte del padre. L'atteggiamento del duca, sempre altalenante, provoca però l'allontanamento di Francesco Sforza, capitano generale delle truppe viscontee, che, sposata Bianca Maria, l'unica figlia, illegittima, di Filippo Maria, passa al servizio del papa sconfiggendo i Milanesi a Soncino.


1. Trombetti (Matteo)

Bovesin de la Riva, Meraviglie di Milano (1288), cap. iii.20 | v.25


2. Cacce (Luchino)

Maestro Piero, Giovanni da Cascia e Jacopo da Bologna sono musici che operarono presso Luchino, appassionato di caccia (ritorna il cane Varino).

Con bracchi assai

Con bracchi assai e con molti sparveri
uccellavàm su per la riva d'Adda,
e qual dicea «Da, da!»
e qual «Va qua, Varin, torna, Picciòlo!»
e qual prendea le quaglie a volo a volo,
quando con gran tempesta un'aqua giunse.

Né corser mai per campagna levrieri
come facea ciascun per fuggir l'aqua,
e qual dicea «Da qua,
dammi 'l mantello!» e tal «Dammi 'l cappello»,
quand'io ricoverai col mio uccello
dove una pasturella il cor mi punse.

Perch'era sola, in fra me dico e rido:
«Ecco la pioggia, il bosco, Enea e Dido».

Maestro Piero | info | ms. (Panc. 26, f. 92v) | edizione | audio
Giovanni da Cascia | info | ms. (Panc. 26, f. 93v) | edizione 1 | edizione 2 | audio 1 | audio 2 | audio 3

Segugi a corda

Segugi a corda e can per la foresta,
in su, in giù, in qua, in là, baiando
e cacciator chiamare confortando
– Veh là Dragon te, oh là, qual è,
vien qua che qui son gli orsi! –
Dicevo quando ad altra caccia corsi

poco lungi dal bosco.

Al suon del corno e della gran tempesta
da un valle uscì la villanella
– Dai alla volpe! – A lei la presi – Bella,
vien qua, lascia andar lo ben! – Eh deh sì,
deh no perché non voglio! –
Pur l'abbracciai che non le valse orgoglio

e portai là nel bosco.

Maestro Piero | info | ms. (Panc. 26, f. 99r) | ms. (Lo 29987, f. 77v) | edizione | audio

Per sparverare

Per sparverare tolsi el mio sparvero,
bracchi et bracche chiamando – “Ehi Baratero,
te Varin te” – zonzemo a la campagna,
vidi cercar et rinfrescar la cagna:
“Burla qui, Varin, ve’ là, Baratero"
"Amorosa bocca, levala, guardala” .
Per la mia donna presi quaglie assai
poi del redire non mi dubitai.

Per quella tolsi el mio sparvero in pugno
et questo fu l’ultimo dì di giugno.

E volendo redire udì un levriero
correndo e gridando – “Ehi Baratero,
te Varin te” – guardando per lo limo
vidi cercar er rinfrescar Varino.
“Burla qui, Varin, ve’ là, Baratero"
“Amorosa bocca, bòccala, càgnala”.
E per sfratare andai le quaglie a quella
ch’amor mi fece prendere pur ella.

E però faccia l’uomo al mondo bene
e segua la ventura che gli viene.

Jacopo da Bologna | info | ms. (Panc. 26, f. 70v) | ms. (Lo 29987, f. 21v) | edizione | audio


3. Acrostici (Luchino)

Jacopo da Bologna: madrigale e mottetto con acrostico di Luchino

Lo lume vostro

Lo lume vostro, dolce mio segnore,
Virtute sic perfecte est ornatum
Ch'a' rei non luce, a' boni sempr'è chiaro.

Hoc est notum et satis [est] probatum
In quegli c'han sentito il gusto amaro
Nascosamente per comporre errore.

Una donna vi regge, ch'è si bella:
Sul ciel è posta più lucente stella.

info | ms. (Sq, f. 15v) | ms. (Reina, f. 1) | edizione | audio (voce sola) |audio (cappella)

Lux purpurata

Lux purpurata radiis
Venti fugare tenebras
Clementi vigens principe.
Honoris namque claritas
Ipsius toti seculo
Numen acquirit celebre
Virtutis atque gratie.
Servator rei publicae,
Virtutum cultor optimus,
Verus amator efficax,
Constans in omnis studio
Et nil permittens irritum.
Clemens et iustus dominus,
Onustus arrogantibus,
Misericors egentibus
Emittit lumen omnibus
Salutis atque premii.

Diligite iustitiam
qui iudicatis machinam. [*]
Prodesse cunctis discite,
obesse nulli querite.
Hoc proprium est principis
ut sit exutum viciis.
Solicitudo presuli
sit comes, ut pacifice
quiescant ejus populi.

info | ms. (PadovaA, f. 50v) | ms. (San Lorenzo, f. 185) | edizione | audio | audio | audio | audio


4. Gemelli (Luchino)

Madrigale per la nascita dei due gemelli di Luchino

O in Italia felice Liguria

O in Italia felice Liguria,
e proprio tu, Milan, Dio lauda e gloria
de' dui nati segnor, che 'l ciel t'aguria
un venere tra sesta [e] terza, nacquero.

Segno fo ben, che fo di gran vittoria
ch'un'aquila li trasse a cristianesmo
e Parma a lor donò da po' el batesmo.
Luca e Zuane a chi lor nome piaquero.

Quaranta sei un emme cum tri ci
correa, e fo d'agosto al quarto dì.

Jacopo da Bologna | info | ms. (Sq, 17v) | ms. (Panc26, f. 64) | ms. (Reina, f. 6v) | edizione | audio | audio


5. Canzone (Bruzio)

Canzone delle virtù di Bartolomeo de’ Bartoli, con disegni del fratello Andrea, dedicata a Bruzio Visconti, figlio illegittimo di Luchino | image | image/2
biblio: De Laude 2017 | pdf


6. Petrarca (Galeazzo)

Petrarca a Milano (1353-1369) apprezzato da Galeazzo II

Non al su'amante

Non al su'amante più Diana piacque
quando per tal ventura tutta nuda
la vid'in mezo de le gelid'acque,

ch'a me la pasturell'alpestra e cruda
post'a bangnar el suo candido velo
ch'al sol e l'aura il vago capel chiuda.

Tal che mi fece quand'egli arde 'l cielo
tutto tremar d'un amoroso zelo.

Jacopo da Bologna (Petrarca) | info | ms. (Sq, 10v) | ms. (Panc26, f. 71) | ms. (Fr. 568, f. 4v) | Reina, f. 3v | Bav 3195 | edizione | audio (voce sola e strumenti) | audio (cappella) | audio (voci e strumenti)


7. Imperatore (Galeazzo)

Madrigale (con imitazione non rigorosa) per l'incoronazione (?) di Carlo IV imperatore (1355), regnante Galeazzo II

Aquila altera

Aquila altera, ferma in su la vetta
de l'alta mente, l'ochio valoroso
dove tuo vita prende suo riposo.

Là è 'l parer e là l'esser beato.

Uccel di Dio, insegna di giustizia,
tu hai principalmente chiara gloria
perché ne le grand'opre è tua vittoria.

Là vidi l'ombra e là la vera essenza.

Creatura gentil, animal degno,
salire in alto e rimirare 'l sole
singularmente tuo natura vole.

Là è l'imagine e la perfezione.

Jacopo da Bologna | info | ms. Pit, f. 4v | edizione | audio (2 terzine a seguire 2 ritornelli) | audio (idem) | audio (terzina sola + 2 ritornelli, tutti a cappella)

1360 (ca): Galeazzo II prende Pavia, dove fa costruire il castello e l'università


8. Canzoni (Bernabò)

Bernabò fu di gran lunga il più cantato in ballate e canzoni cortigiane (di cui non sopravvive la musica)

Sul modello della celebre canzone di frate Stoppa un anonimo cantò in una canzone morale della diversa Fortuna d'Italia (la stanza 11 riferisce di Milano). A questa canzone rispose con 21 stanze un tal Zenobio (la stanza 10, qui 28, ricorda la fine di Bernabò).

Quel Bernabò percosse la Fortuna,
ch’era sì forte singnor de’ Lombardi:
il Conte di Virtù gente raùna
e fel morir rinchiuso sanza dardi.
De’, dimmi, che tu guardi?
Costui in un baleno
fu preso per lo seno,
e no ’l soccorse aver né gente alcuna.

 

Sonetto caudato di Marchionne Arrighi per Bernabò «quando il conte lo prese»

Se mille volte il dì tu m'uccidessi
possibil fusse ch'io tornassi in vita:
tanta fidanza m'è di te assalita
che quanti figli i' ho per te mettessi.

E se nel mio animo avuto avessi
far contro a te con ferro la mia vita,
vituperosa dal corpo partita
l'anima fosse e 'l corpo in terra ardessi.

O figliol mio da me tanto amato
più che la luce mia certamente
perché ha’ così mal consiglio pigliato?

Conte di Virtù, nievo e parente,
marito di mia figlia incoronato
intrinseco in un corpo veramente,

                                        ricerchi la tua mente
ch’abbia misericordia di me in tal forma,
ché il nostro sangue indietro non ritorna.

I sonetti erano intonati su aeri o modi che conosciamo solo quando furono stampati (ormai in forma polifonica). Ad esempio nelle Frottole di Petrucci se ne incontrano in III.28v («Modo de dir sonetti»), V.9 («Per sonetti»), VI.9v («Per sonetti»).

Per la sua prigionia e morte furono scritti tre lamenti: Novo lamento con dolioso pianto (49 stanze per la prigionia): st. 33 | Ciascadun che desidra esser signore (171 stanze anonime): st. 138 | I' prego Iddio ch'è signore e padre (62 stanze di Matteo da Milano ritrascritti da un copista toscano): st. 3, 7, 9, 43, 62.

9. Leopardo galeato (Bernabò?)

Il motto di Bernabò (sofrir m'estuet = mi tocca soffrire) compare nel castello di Pandino (Cremona) [fig/1 | fig/2], sulla statua equestre di Bernabò [fig/3 | fig/4], e su due miniature: F-Pn, Latin 7323, f. 5r (Liber iudiciorum et consiliorum, tradotto dall'arabo) | E-VAu, BH 49, f. 1r (Tabula in librum Sancti Augustini); nonché su due stemmari, quello dei Trivulzio (I-Mt, 2168, p. 27) e quello di Marco Cremosano (I-Mas, ed. Borrella 1997, p. 230)

Caccia/Madrigale

La fiera testa che d'uman si ciba
pennis auratis volitum perquirit:
sovr'ogni Italian questa preliba.

Alba sub ventre palla decoratur
perché del mondo signorie richiede
velut eius aspectu demonstratur.

Cist fier cimiers et la flamma che m'art       
soffrir m'estoit que son fier leopart.


tenta di volare con ali d’oro:

La pancia è decorata con una palla bianca

come mostrato dal suo aspetto.

Questo fiero cimiero e la fiamma che m’arde
devo soffrire perché sono un leopardo fiero

Niccolò da Perugia (del Preposto) | info | edizione | audio |
Bartolino da Padova | info | edizione | audio |

Ballata

Sofrir m'estuet et plus non puis durer
le grant fors d'amour:

je fort languis con joye en grant doulour.

Vedon gli occhi mortal di raggi accesa
fiammegiar una stella al mo' d'un sole;      
la vista mia non poté far difesa:
passò el raggio al core onde si dole.
Non val sospir, non fè, non dir parole:
en grant doyl est mon cuer;
je pourport esperans in douls amour.

Sofrir m'estuet ...

Devo soffrire e più non posso reggere
la grande forza d'amore,
molto languisco con gioia e gran dolore.






in gran dolore è il mio cuore;
perseguo la speranza nel dolce amore.

Paolo da Firenze (Tenorista) | info | audio | audio

Ballade

En atendant souffrir m'estuet grief payne
et en langour vivre c'est ma destinée,
puisqu'avenir ne puis a la fontayne,
tant est de ruissius entour avironnée.
Celle vertu [si grant] li a Dieu dounée
qu'el puet assouvir chascun a souffisance
par sa dignité et tres noble puissance.

Les grans ruissiauz qui la font leur demaine    
si ont les conduis de la font estoupée,
si c'on n'i puet trouver la droite vaine,
tant est courompue l'iaue et troublée.
Gouster n'en puis une seule halenée,
si Unble Pitié n'a de moy ramembrance
par sa dignité et tres noble puissance.

Si pri a Dieu que a droit la ramaine
et la purifie sanz estre entamée,
quar verement, c'est chose bien certaine,
je n'en puis aprochier nuit ne matinée.
Et s'a moy estoyt qu'ainsi fust ordenée,
je vivroye en espoir d'avoyr bone estance
par sa dignité et tres noble puissance.

Aspettando devo soffrir gran pene
e vivere nel languore: è il mio destino,
perché non posso avvicinarmi alla fontana
tanto è circondata di ruscelli.
Una virtù sì grande l'ha data Dio
che può soddisfare ciascuno a sufficenza
per la sua dignità e nobile potenza.

Dei grandi ruscelli che la fonte alimenta
si sono chiusi gli accessi alla fonte
e non si riesce a trovare passaggio,
tanto l'acqua è interrotta e deviata.
Non posso assaggire un solo sorso
se Umile Pietà non ha ricordo di me
per la sua dignità e nobile potenza.

Pertanto prego Dio che per giustizia me la renda
e la purifichi senza che sia contaminata,
perché veramente, è cosa certa,
non posso avvicinarmi né di notte, né di giorno.
E se mi capitasse che così fosse ordinato .
vivrei nella speranza di avere mercé
per la sua dignità e nobile potenza.

Filippotto da Caserta | info | ms. (Modena) | audio | audio

Ballata (francese = virelai)

Sus une fontayne en remirant
oy chanter si douchement
que mon cuer, corps et pensement,
ramanent pris et attendant

D'avoir merchi de ma dolour
Qui me trepount au cour forment    
Seul de veoir ce noble flour,
Qui tant cantoit suavement.
Que chois' null' say en recivant,
Pavour, tremour et angosment,
Que fere duis certaynement,
Tant sui de ly veoir desirant.

Sus une fontayne ...

Guardando, presso una fontana,
ho udito un canto così dolce
che il mio cuore, corpo e mente
sono rimasti rapiti nell’attesa

di ricevere sollievo del mio dolore,
che mi ha colpito fortemente al cuore,
solo per aver visto questo nobile fiore
che cantava sì soavemente.
Non ho altra scelta se non patire
timore, paura e angoscia
che devo certamente sopportare,
tanto sono desideroso di vederla.

 

Johannes Ciconia | ms. (Modena) | edizione | audio

10. Danze (Giangaleazzo + Isabella)

Due estampie anonime rimandano a Isabella (prima moglie di Giangaleazzo, sposata nel 1360 e morta nel 1372) e il Conte di Virtù, ovvero Giangaleazzo stesso (che così si faceva chiamare perché ISabelle era contessa di Vertus nella Champagne). Le due danze si datano quindi al tempo in cui ancora regnava il padre Galeazzo II

Isabella

ms. London, Add. 29987, f. 57v | audio | audio | audio | audio | audio

Principio di virtù

ms. London, Add. 29987, f. 62r | audio | audio | audio | audio


11. Musiche (Giangaleazzo + Caterina)

Caterina, figlia di Bernabò e seconda seconda moglie di Giangaleazzo

Una colomba candida

Una colomba candida e gentile
coronata di perle in forma umana
vidi: non so ben dir se fu Dïana.

Degna di tanta riverenza in vista [1]
donna mi parve che non so qual dea
si rappresenti, Febe o Citarea.

Lieta nel viso, onesta e bella quanto
Marzia mai fosse di Catone specchio
[2]
che di virtude non trova parecchio.
[3]

[1] Dante, Purg. 1.32 — [2] Marzia fu la seconda moglie di Catone — [3] Simile, pari (cfr Dante, Purg. 15.18)

Francesco Landini | info | ms. (Sq, f. 129r) | ms. (Lo. f. 11v) | edizione | audio

 

Qui Caterina, già colomba nel precende madrigale, è ora esplicito simbolo di pace fra zio e nipote

Alba colomba

Alba colomba con sua verde rama
in nobile zardino nutricata
pax nunzïando in su l'ali è montata.

Posò suo volo suso in verde scoglio
per riposarsi e, rimirando in giuso.
prese argumento di volar più suso.

Perché gustava già i boni odori
ch'eran là su tra fronde et altri fiori.

Bartolino da Padova | info | ms. (Lo, f. 12v) | audio | audio


11. Antonello da Caserta (Giangaleazzo)

Milano diventa un ducato (1395)

Del glorioso titol

Del glorïoso titol d’esto duce
ciascun fa fest'omai ch’ha in sé vertute
ché novo re si nasce per salute.

Ma questo è quel che per vertù celeste
fia novo augusto cum triumphi e feste
.

Da quella donna che già estese l'ale
e possedette ciò che’l sol riguarda,
ch'aver un sposo è sta' sì lenta e tarda.

E già monarca un sceptro d’or s’il chiama
perché ’l dilati l’italica fama.

Antonello da Caserta | info | ms. (Man) | edizione | audio | audio

 

Lucia era la sorella di Caterina, entrambe figlie di Bernabò, la seconda seconda moglie di Giangaleazzo

Più chiar che 'l sol

Più chiar che ’l sol in lo mio cor Lucia
la lizzadra figura di vu' madonna mia.

Con tanta beltate vi pose natura
che lo mio core s’è tucto infiammato,
et arde nocte e zorno e mia Fortuna
non vol ch’un poco da vui sia aiutato.
Ma sempre il vostro cor crudo e spietato
sta in verso mi non già per mia folia.

Più chiar...

Però prego che umile e graciosa
vui siate alquanto, poi che’l vero dio
v ’ha facta tanto bella e vertuosa
che al mondo non ha paro quel volto pio.
Se non che inverso mi troppo è zudio
in darme pena con fortuna ria.

Più chiar...

Antonello da Caserta | info | ms. (Man) | ms. (Par) / 2 strofe + CT di Matteo da Perugia | ed. Man | ed. Par | audio (Man) Mala Punica | audio (Par) Fonte musica


12. Trattati (Giangaleazzo)

1390 ca, Copiato nello studio di Pavia il Codice Newberry (Chicago) | Diamm | immagine

La harpe de melodie

La harpe de mélodie
faite sans mélancolie,
| par plaisir,
doit bien chacun réjouir
| pour l'harmonie
ouïr, sonner et veir.

Et pour ce je suis d'accord
pour le gracieux déport
de son doux son,

de faire sans nul discort
dedans li, de bon accort,
bonne chanson.

Pour plaire bonne compagnie
pour avoir plaisance lie | de merir,
pour deplaisance fuir | qui trop annuie     
a ceux qui plaist a oïr.

La harpe ...

L’arpa di melodia
fatta senza malinconia
| dal piacere
deve rallegrare tutti
| coloro che l’armonia
odono, suonano e vedono.

Perciò io sono d’accordo,
per il grazioso piacere
del suo dolce suono,

di fare senza discordia
proponendo in buon accordo,
una bona canzone,

per compiacere una bella compagnia
per avere gioia, | e per ridere,
per fuggire i dispiaceri | che molto annoiano
coloro a cui piace ascoltare.

L’arpa di melodia …

Jacob Senleches | info | edizione | audio | audio


Francesco di Vannozzo (a Milano nel 1389, poco prima di morire) si scusa per aver abbandonato il liuto per l'arpa (sonetti 29-30), probabile metafore del cambio di protettore (forse verso uno filofrancese). I sonetti 33-37 lo vedono dialogare con l'abbandonato liuto. Questo gruppo di sonetti è similmente caudato e probabilmente s'intonava sulla stessa melodia.


13. Ciconia (Giangaleazzo)

Lusinga per Lazzaro Guinigi («Giove»), signore di Lucca (fondata da Marte, una pantera nello stemma), in prospettiva antifiorentina: Guinigi morirà l'anno successivo.

Una panthera

Una panthera in compagnia de Marte,
candido Jove d'un sereno adorno
constant'è l'arm'e chi la guarda intorno.

Questa guberna la città luccana
con soa dolcezza el cielo dispensa e dona
secondo el meritar iusta corona.

Dando a ciascun mortal che ne sia degno
triumpho, gloria e parte in questo regno.

Johannes Ciconia | ms. (Man) | ed. 1 | ed. 2 | audio | audio

 

La complessità della razza (fig. dal Castello Sforzesco), con tortora e motto petrarchesco («A buon diritto»), simbolo di Giangaleazzo, celebrato in un canone mensurale.

Le ray au soleyl

Le ray au soleyl qui dret som karmeyne
en soy bracant la douce tortorelle
laquel companionon onques renovelle
a bon droyt sembla que en toy perfect reyne.    

Canon. Dum tria percurris quatuor valet tertius
unum. Subque diapason sed facit alba moras.

Il raggio di sole che manda il suo carminio,
in sé abbracciando la dolce tortorella
che il compagno mai rinnova,
a buon diritto si mostra in te giusto regno.

Canone: Mentre tre stanno in quattro, il terzo sia
in uno. E sotto [canti] all'ottava ma con bianchi ritardi.
 
Johannes Ciconia | Info | audio | audio

 

 

Bibliografia

Thibault 1970 | Genevève Thibault, "Emblèmes et devises des Visconti dans les oeuvres musicales du Trecento", in L'Ars nova italiana del Trecento, III (Certaldo 1970): 131-160

Strohm 1989 | Reinhard Strohm, “Filippotto da Caserta, ovvero i Francesi in Lombardia”, in In cantu et in sermone: For Nino Pirrotta on his 80th Birthday, ed. Fabrizio Della Seta, Franco Piperno (Florence: Leo S. Olschki, 1989): 65-74.

Gallo 1992 | F. Alberto Gallo, “La bibliotecdei Visconti”, in IdemMusica nel castello: Trovatori, libri, oratori nelle corti italiane dal xiii al xv secolo (Bologna: Il mulino, 1992): 59-94.

Memelsdorff 1992 | Pedro Memelsdorff, “Piú chiar che ‘l sol: luce su un contratenor di Antonello da Caserta”, Recercare, 4 (1992): 5-22.

Stone 2001 | Anne Stone, “A singer at the fountain: Homage and irony in Ciconia’s ‘Sus une fontayne’”, Music & Letters, 82/3 (2001): 361-390.

Dieckmann 2007 | Sandra Dieckmann, "Con brachi assai, Segugi a corda, Per sparverare. The caccia at the court
of the Visconti", in Kontinuität und Transformation in der italienischen Vokalmusik zwischen Dueund Quattrocento, ed. Sandra Dieckmann, Oliver Huck et.al. (New York: Georg Olms Verlag, 2007):

Marchi 2008 | Lucia Marchi, "Music and university culture in late fourteenth-century Pavia: The manuscript Chicago,
Newberry Library, Case ms 54.1", Acta Musicologica, 80/2 (2008): 143-164.

Pasotti 2011 | Michele Pasotti, “Le ray au soleyl: Musica alla corte pavese dei Visconti (1360-1410)”, booklet dell’omonimo CD (ORF/Alte Musik, 2011).

Abramov 2012 | Elena Abramov-van Rijk, “Luchino Visconti, Jacopo da Bologna and Petrarch: Courting a Patron”, Studi musicali, n.s., 3/1 (2012): 7-62.

Melini 2012 | Donatella Melini, “Musical Iconography in the Visconti Codices”, Music in Art, 37/1-2 (2012): 45-56.

Caraci 2014 | Maria Caraci Vela, “Per una nuova lettura del madrigale Aquila altera / Creatura gentile / Uccel di Dio di Jacopo da Bologna", Philomusica-online, 13 (2014).

Limongelli 2014 | Marco Limongelli, “Poeti e istrioni tra Bernabò e Gian Galeazzo”, in Valorosa vipera gentile: Poesia e letteratura in volgare attorno ai Visconti fra Trecento e primo Quattrocento, ed. Simone Albonico, Marco Limongelli, Barbara Pagliari (Roma: Viella, 2014): 85-119.

Caraci 2016 | Maria Caraci Vela, “La polifonia profana a Pavia negli anni di Bernabò e Gian Galeazzo: linee di sviluppo di un progetto culturale europeo”, in Courts and courtly cultures in early modern Italy and Europe: models and languages, proceedings (Losanna, 6-8.xi.2013) ed. Simone Albonico, Serena Romano (Roma: Viella, 2016): 241-260.

Tunesi 2019 | Lorenzo Tunesi, “Bells and Trumpets, Jesters and Musici: Sounds and Musical life in Milan under the Visconti”, dattiloscritto (2019).