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XV secolo

E' la celebre miniatura raffigurante Guillaume Dufay (accanto all'organo) e Gilles Binchois (in mano un'arpa), i due principali esponeneti della prima generazione fiamminga. La miniatura si rintraccia su una delle copie manoscritte (F-Pn fr. 12476, f. 98r) del più celebre poema di Martin Le Franc (c. 1410-1461), intitolato Le Champion des Dames, opera monumentale di 24 mila versi in cui si narra delle grandi donne della storia. L'editio princeps del poema fu pubblicata nel 1485.

Il Quattrocento

da: Storia della musica. 1. Dal Medioevo al Rinascimento, a cura di Marie-Claire Beltrando-Patier (Paris 1982), trad. it. Roma 1986, pp. 192-198.

Se Dufay è considerato ancora come anello di congiunzione tra l'ars nova e lo stile fiammingo, Ockeghem e soprattutto Josquin assicurano a questo stile un meraviglioso equilibrio tra scienza e sensibilità. Quest'arte, improntata sia al rigore nordico che alla grazia meridionale, influenzerà anche il secolo seguente con Orlando di Lasso, le opere di Le Jeune, Palestrina, Victoria, Tallis, Monteverdi, Sweelinck e la scuola d'organo tedesca del XVII secolo, per arrivare a Bach.

Quello che contribuirà a fare del XV secolo uno dei grandi secoli della storia musicale è anche l'aspetto universale, internazionale che la musica assume. Gli scambi di idee, favoriti dai viaggi incessanti, le nuove sonorità delle consonanze inglesi, francesi, italiane sono altrettanti arricchimenti della scrittura. La musica riveste d'altronde una sensibilità già moderna nella sua capacità di lirismo e di emozione ... [meno interessata alle] architetture dotte del secolo precedente ... Ci sono meglio note le tracce che attestano la presenza dei musicisti, vale a dire l'impronta personale riscontrabile in alcune partiture (Dufay introduce il suo nome nel mottetto Ave Regina coelorum: «miserere tui labentis Dufay; miserere supplicanti Dufay»). Così non è soltanto l'alchimia dei suoni che percepiamo in un mottetto del XV secolo, ma già l'animo del compositore.

La musica sacra regna sovrana sulla produzione artistica, fecondando con le sue idee e le sue forme l'arte profana. Questo aspetto di serietà e di gravità in contrasto con la frivolezza della corte borgognona, non è un aspetto secondario di questo periodo. (Si avrebbe torto tuttavia a trascurare la straordinaria ricchezza dell'arte della corte borgognona, e la raffinatezza contrappuntistica e espressiva di N. Grenon, G. Binchois, H. van Ghizeghem, molto vicini alla canzone coltivata da Dufay).

Non si insiste mai abbastanza infine sul clima di simbiosi melodica e armonica proprio della polifonia fiamminga, realizzato nel modo più felice grazie al contributo dell'ars nova italiana, e anche dell'eufonia inglese, risultante dalla concatenazione armonica di accordi pieni e consonanti. Non deve stupire quindi trovare un Dufay che giunge giovanissimo in Italia (aveva senza dubbio 19 anni) per perfezionarvi la sua conoscenza dell'arte «di bene scrivere e di ben cantare» e attingervi un mezzo per equilibrare armoniosamente la grazia naturale dell'ambiente mediterraneo e il freddo rigore delle scuole del nord.

L'influenza del modello inglese di Dunstable

Per comprendere ciò che caratterizza la musica d'Oltremanica bisogna risalire alla seconda metà del XIV secolo, epoca in cui la polifonia tende ad affrancarsi dall'influenza continentale. Fino a quel momento la musica inglese aveva perfettamente assimilato le linee di forza della scuola di Notre Dame, di Guillaume de Machault, della caccia italiana, non senza respingerne alcuni tratti, come la distinzione degli stili (conductus) e delle forme (mottetto), per preferire loro una fusione di entrambi (conductus-mottetto).

Una delle sue caratteristiche era l'impiego assai frequente delle terze: già nel XII secolo si praticava il cantus gemellus (forse di origine nordica) o gymel, in cui la melodia era raddoppiata alla terza o alla sesta inferiore. Così nel momento in cui il continente si perde negli abusi della tecnica e nei sistemi dell'ars nova, l'Inghilterra, isolata dalla guerra dei Cento Anni, si sviluppa nell'eufonia dei movimenti paralleli ad accordi pieni e degli scambi di parti imitative. Quando, dopo la vittoria di Azincourt (1415), gli inglesi presero possesso delle loro province francesi, ne risultò una successione di scambi culturali tra le isole e il continente.

John Dunstable entrò certamente in contatto con i musicisti francesi, e forse anche italiani, al seguito del duca di Bedford, fratello di Enrico V, al servizio del quale era aggregato. Si conobbero Dunstable e Guillaume Dufay? È ciò che sembra affermare il poeta Martin Le Franc in Le Champion des dames: Dufay e Binchois, egli scrive:

... pris nouvelle pratique
De faire frisque concordance ...
Et ont pris de la contenance
Anglaise et ensuite Dunstable
Pour quoi merveilleuse plaisance
Rend leur chant joyeux et notable.   
hanno conosciuto un nuovo modo
nel fare una vivace concordanza ...
e hanno conosciuto la continenza
inglese e inoltre Dunstable,
per cui una meravigliosa piacevolezza
rende il loro canto gioioso e notevole.

Tinctoris, teorico e compositore fiammingo, loda Dunstable per aver apportato alla musica una vera trasformazione. Ascoltando i circa 45 brani che ci restano del compositore, scopriamo oggi un'arte meravigliosamente melodica, ampia e decorativa insieme, vicina all'improvvisazione, un senso armonico molto caratteristico della maniera inglese, fatto di una catena di consonanze, evitando accuratamente le dure dissonanze e l'attrito di sincopi non preparate. Questa atmosfera di «perpetua eufonia» rompe nettamente con le sonorità dure e aspre delle quinte e quarte continentali. Queste composizioni ci rivelano un autore padrone delle tecniche di isoritmia, ma anche ansioso di superarle. È il caso del mottetto Quam pulchra es o ancora di forme molto complesse a doppia struttura (una melodia libera al superius e un tenor isoritmico immutabile) applicate alle coppie Gloria-Credo e Credo-Sanctus.

Leonel Power (morto nel 1445) scrisse forse la prima «messa ciclica», Alma Redemptoris mater, nella quale uno stesso tenor svolge la sua struttura isoritmica due volte in ogni movimento. Una seconda messa interamente ciclica, la Missa Rex saeculorum attribuita a Dunstable secondo il Ms. d'Aosta e a Power secondo il Ms. di Trento, impiega un diverso procedimento di composizione. Nelle due coppie Gloria-Credo e Sanctus-Agnus, il cantus firmus non si presenta più isoritmicamente, ma in maniera molto più flessibile e varia, preceduto, nel primo caso, da un duo. Questa volontà di liberarsi da una stratificazione feudale e di dare alla musica un carattere di invenzione, di libertà e di unità formale è la prima manifestazione del Rinascimento.

Tuttavia, nel suo desiderio di fare alla musica un bagno di angelic sweetness (dolcezza angelica) e di accordare al superius una preponderanza sulle altre voci, Dunstable non aveva ancora realizzato l'armoniosa combinazione delle voci. Questa è stata l'opera di Dufay.

La musica profana della scuola borgognona e il ritorno al sacro

Fino al 1453 (fine della guerra dei Cento Anni) la musica sarà praticata principalmente nel territorio borgognone, sia alla fastosa corte dei duchi, sia nelle cantorie fiamminghe. Non ci si deve meravigliare quindi di vedere regnare a Digione con Binchois una musica essenzialmente di corte, e a Cambrai con Dufay una musi ca essenzialmente religiosa. Quanto alla corte di Francia, solo dopo aver ritrovato la pace attirerà di nuovo artisti come Ockeghem.

I musicologi hanno a lungo disputato per tentare di interpretare le cause di questo ritorno di interesse per la musica religiosa. Bisogna però porre in rilievo il movimento della Devotio moderna e il successo dell'Imitazione di Cristo di Tommaso da Kempis (1380-1471), all'interno di quel vasto movimento mistico e pastora le di reazione allo sconvolgimento dello Scisma d'Occidente (1378-1417), alla corruzione dei prelati e dei frati mendicanti, alla sparizione di numerose chiese e alla presa di Costantinopoli da parte dei Turchi nel 1453.

Un secolo di guerre, una rilassatezza e un cambiamento di attitudine nei confronti della morale cristiana nello spirito delle comunità religiose e laiche, un desiderio di vivere con maggiore spiritualità e di prepararsi – individualmente e non più collettivamente – a «ben morire», in una parola la ricerca di purezza e di riforme, spiegano questo rinnovamento del sentimento religioso. Nulla di strano quindi che la musica religiosa divenga una delle manifestazioni primarie di questa vita spirituale.

Guillaume Dufay (1400?-1474)

da: Claudio Gallico, L'età dell'Umanesimo e del Rinascimento, Torino 1987 (Storia della musica, 3), pp. 6-9.

Dufay [...] dopo gli studi a Cambrai (puer altaris nel 1409), già nel 1420 è in Italia, al servizio dei Malatesta a Pesaro e a Rimini. Per essi compose tre lavori d'occasione: il mottetto isoritmico Vasilissa ergo gaude e la chanson Resveilles vous per nozze; e il mottetto Apostolo glorioso per la consacrazione della chiesa di S. Andrea a Patrasso (1426), arcivescovo Pandolfo Malatesta.

La produzione di Dufay è costellata di composizioni di circostanza. Esse accompagnano e punteggiano il diagramma dei suoi spostamenti, invero numerosi (dal 1428 al 1437 nella cappella papale: a Roma, cantore e maestro e, dopo un intervallo fra il 1433 e il 1435, a Firenze e Bologna; dal 1437 al 1444 a Torino e in Savoia, al servizio di quel ducato; poi a Cambrai, con intervalli).

Per esempio, il mottetto Ecclesiae militantis fu scritto nel 1431 per l'elezione del papa Eugenio IV; Supremum est mortalibus celebra la pace di Viterbo del 1433; la chanson C'est bien raison festeggia la pace di Ferrara, dello stesso 1433. A[lla città di] Firenze Dufay dedica due mottetti apologetici Mirandas parit haec urbs e Salve flos Tuscae; ed alla consacrazione della chiesa fiorentina di S. Maria del Fiore, capolavoro di Filippo Brunelleschi, nel 1436 risuonò la prima volta il fastoso mottetto isoritmico di Dufay Nuper rosarum flores. Agli ultimi anni risalgono altre invenzioni memorabili, come il lamento per la caduta di Costantinopoli (1454) O très piteux de tout espoir fontaine; e l'impressionante Ave regina coelorum.

La produzione profana

La produzione profana di Dufay comprende più di settanta chansons francesi, ed alcuni componimenti su testi italiani – fra questi la squisita intonazione di Vergine bella, l'ultima canzone del Canzoniere del Petrarca. La maggioranza dei brani sono a tre parti; solo pochi a quattro. Vi predomina il canto solo, accompagnato da strumenti, salvo occasionali varianti. La melodia del canto è divisa in segmenti morbidamente arcuati, la cui abitudine ritmica riprende e segue quella della prosodia del testo a cui si congiungono; eppure svaria in liberi, irregolari raggruppamenti di note. Il cantus posa di norma su tenor e contratenor. Cantus e tenor procedono ben combinati fra loro in duo. Contratenor (bassus) segna il ritmo; e guida l'armonia di triadi, connesse in successioni, che frequentemente arieggiano a quelle 'tonali'. Questo tessuto polifonico è segmentato da cadenze: quella di specie autentica, detta di Landino ... e quella 'di Dufay', detta altrimenti borgognona, con il salto d'ottava ascendente del contratenor.

L'architettura generale ricalca le formes fixes di ascendenza trecentesca: rondeau, ballale, virelai. Nello stile della maturità, migliora l'indipendenza ritmica delle voci, e più articolato si fà il tessuto dell'imitazione motivica fra le parti, con infrazioni della fissità morfologica e con inserti solo strumentali fra gli episodi cantati.

Le nove messe

Nella composizione delle nove messe polifoniche Dufay dimostra trasformazioni significative. Dopo l'iniziale adesione alla forma tradizionale della messa in discanto o messa-cantilena, a tre voci, un canto e due strumenti, egli assume e perfeziona il tipo della messa su tenor in cui il cantus firmus è intonato dalla voce centrale. Un nutrito contratenor (altus) le è affiancato. La compagine polifonica è ora fatta di quattro parti, che mostrano profili di qualità vocalistica. Tende così a un assetto omogeneo, con la parità d'efficienza fonica e l'equivalenza delle parti in giunco.

Dufay adotta originalmente la forma oggi definita ciclica: vuol dire che le cinque parti dell'Ordinarium Missae son tutte costruite attorno allo stesso canto fermo. Qui emerge la volontà di coerenza dei segni, e di continuità formativa di lunga gettata; mentre è implicitamente incrementato il metodo della parafrasi, della variazione polifonica sull'unico tema. Dufay inizia questo nuovo corso con la Missa Caput, il cui cantus firmus è ricavato da un melisma dell'antifona Venit ad Petrum della liturgia inglese di Sarum.

Dufay assunse anche canti fermi profani, in tre delle ultime cinque messe [messa parodia]: è puro esercizio d'artigianato compositivo, o vale a dimostrare agevoli ed articolati rapporti e comunicazioni fra il mondo profano ed il sacro? La missa La mort de Saint Gothard è opus dubium su tenor popolare. Per la messa Se la face ay pale (1450 ca.) Dufay cava il tenor da una sua propria ballata a tre voci, ed edifica una grande struttura razionalizzata. La messa Ecce ancilla Domini (1463 ca.) e la messa Ave regina coelorum (post 1464) sono edifici sonori fondati su tenor di fonte sacra.

I mottetti

Vi sono mottetti di Dufay composti per fini puramente religiosi, e ve ne sono destinati ad occasioni cerimoniali civili. Sono formati variamente. Dufay adotta soprattutto la struttura isoritmica. La melodia del tenor, sempre cavato dal canto piano, è disposta entro schemi ritmici fissi (color) replicati uniformemente (talea). Tali schemi possono essere applicati anche ad altre voci. Le voci di norma sono quattro; molto raramente tre, o cinque.

Esemplare per un verso il mottetto Ecclesiae militantis (1431), a cinque voci su cinque testi differenti: le due voci superiori elogiano il papa Eugenio IV, alla cui elezione la composizione è dedicata; il contratenor enuncia motivi di speranza; i due tenor pronunciano i canti firmi, rispettivamente sulla parola Gabriele e sul motto Ecce nomen Domini. Fra le maglie della concezione intellettualistica erompe una vivida forza musicale.

Architettura sonora geometrizzante e lucido lirismo sono felicemente accordati nella composizione del mottetto Nuper rosarum flores (1436) per la consacrazione della cattedrale di Firenze. Due tenori isoritmici, a canone, scandiscono la melodia dell'Introito della messa Terribilis est locus iste per la consacrazione d'una chiesa. Le voci superiori evolvono in duo. La suddivisione degli episodi sonori corrisponde alle strofe del testo. Tutti gli episodi sono basati sullo stesso materiale motivico. S'ha quindi un ciclo di variazioni disposte su un canone ordinato isoritmicamente.

Memorabile il mottetto su l'antifona mariana Ave regina coelorum nel suo omogeneo assetto polivoco, una qualità nuova di trasparenza e di chiarità espositiva. Il testo è farcito liberamente da tropi. E là carrente sonora è trascorsa da un brivido – improvviso accordo 'minore' – alle parole «miserere tui labentis du fay»: il maestro l'ha concepito per le proprie esequie. L'evento s'innalza come un'estrema smentita all'ipotesi di freddo intellettualismo calcolatore e d'incapacità emotiva di quell'arte.

Le intonazioni degli inni e d'altri brevi brani latini d'uso strettamente liturgico, antifone, sequenze, consistono nel semplice accompagnamento a due parti del canto monofonico; ma l'esecuzione degli inni avviene anche alternatim: strofe in canto piano fra strofe in assetto polifonico. 5. Contemporanei di Dufay.

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Binchois (ca. 1400-1460) i contemporanei e le fonti del periodo

Fra gli artisti della generazione di Dufay spicca Gilles Binchois. Una carriera meno movimentata e tutta determinata dal servizio cortese – fu dal 1430 e per anni alla corte di Filippo il Buono – lo indirizza prevalentemente alla produzione profana di chansons. In esse rifulge la sua miglior virtù: la studiata eleganza dell'oggetto sonoro, nonostante il limitato respiro dell'invenzione melodica e una certa meccanica semplicità della fattura formale. Intona anche versi dei più alti poeti contemporanei: Charles d'Orléans (Mon cuer chunte), Christine de Pisan (Dueil angoisseux), Alain Chartier (Triste plaisir).

Binchois | approfondimento

Dall'alto numero dei musicisti impegnati in quel tempo nei maggiori centri (Cambrai, Liège, la corte borgognona, la cappella papale a Roma), si segnalano le figure, più caratterizzate d'altre, di Nicholas Grenon, di Hugho e Arnold de Lantins, di Johannes de Limburgia, di Pierre Fontaine, di Jean de Noiers detto Tapissier, di Johannes Brassart e di Guillaume Legrant.

Tre codici manoscritti di origine italiana accolgono il grosso del repertorio contemporaneo, più di ottocento composizioni: il ms. Q 15 del Civico Museo Bibliografico Musicale di Bologna, nella parte maggiore esemplato a Piacenza intorno al 1430, che reca 325 pezzi; il ms. Canonici 213 della Bodleian Library di Oxford, probabilmente veneziano; il ms. del Seminario di Aosta, che contiene 180 brani, fra cui 129 parti di messe. Altre composizioni in manoscritti meno copiosi e specifici e nei celebrati mss. 87-93 del Castello del Buon Consiglio di Trento, i cosiddetti sette Codici tridentini, i quali tramandano anche repertorio della generazione successiva.