Frontespizio della prima edizione (1973) |
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John Blacking nacque a Guildford, nel Regno Unito, il 22 ottobre 1928. Frequentò la Queen’s University a Belfast dove studiò antropologia sociale e musicologia, discipline che seppe integrare con originalità. Influenzato dalle teorie di alcuni studiosi, Blacking adottò un metodo rigoroso di ricerca sul campo caratterizzato dall’osservazione partecipante e dall’analisi dei contesti culturali specifici, affermandosi come una delle figure di riferimento dell’etnomusicologia del xx secolo grazie al suo approccio innovativo e interdisciplinare.
La svolta principale della sua carriera si ebbe con le ricerche condotte negli anni ’50 e ’60 presso la comunità Venda del Sudafrica settentrionale, un gruppo etnico le cui pratiche musicali furono oggetto di studio approfondito. Durante il lungo lavoro etnografico sul campo Blacking documentò repertori musicali, danze e contesti performativi, mettendo in luce come fossero profondamente integrati nelle strutture sociali e simboliche della comunità. Qui Blacking si rese conto che la musica non poteva essere ridotta a elementi puramente formali o estetici, ma doveva essere interpretata come espressione viva di una società e di un modo di essere. In particolare, la sua analisi si focalizzò sul ruolo della musica nella socializzazione, nella trasmissione dei valori e nella costruzione dell’identità collettiva. Le osservazioni sui Venda lo portarono a formulare una concezione della musica come comportamento umano culturalmente organizzato nel quale si intrecciano dimensioni biologiche, cognitive e sociali: il suo approccio si distinse per la capacità di mostrare nuove prospettive per lo studio della musica nelle società ‘non occidentali’.
Negli anni successivi, Blacking ampliò il suo interesse verso la dimensione universale della musica, interrogandosi su ciò che accomuna tutte le culture umane nella pratica musicale. Da qui nacque la sua riflessione teorica più ampia, raccolta nel volume How musical is man?, tradotto in italiano Com'è musicale l'uomo? (1986).
Il volume, frutto dell’esperienza maturata sul campo presso il popolo Venda dall’autore stesso, rappresenta una pietra miliare nell’antropologia della musica e nell’etnomusicologia. L’opera si articola in quattro parti principali che delineano un percorso teorico e metodologico volto a rispondere alla domanda del titolo del libro. La risposta, che si sviluppa lungo tutto il testo, è che la musicalità è una caratteristica innata e universale dell’essere umano, manifestata in modi culturalmente specifici.
Blacking supera le interpretazioni riduttive che confinano la musica a un mero prodotto estetico o a una forma di intrattenimento. Piuttosto, egli presenta la musica come un comportamento sociale fondamentale, un linguaggio simbolico attraverso il quale gli individui e le comunità organizzano e comunicano le proprie esperienze, emozioni e valori. Il metodo di studio adottato dall’autore, fortemente radicato nell’etnografia, consente di analizzare le diverse forme musicali senza pregiudizi culturali o estetici, riconoscendo la validità e la complessità di ogni sistema musicale come espressione di una cultura specifica.
1. Il suono umanamente organizzato [pp. 15-40]
La prima parte del libro introduce il concetto fondamentale di soundly organized humanity (umanità sonoramente organizzata), inteso come la capacità innata dell’essere umano di organizzare il suono in modi che riflettono sia caratteristiche biologiche sia schemi culturali. Blacking sottolinea che il suono non è solo un fenomeno fisico, ma un medium attraverso cui si esprimono le relazioni sociali, le emozioni e le strutture cognitive. In questa sezione, l’autore affronta il problema della definizione di musica, criticando le concezioni eurocentriche e stilistiche che limitano la musica a determinati criteri tecnici o estetici. Egli sostiene invece che la musica deve essere intesa come una manifestazione universale e variabile, che si costruisce in rapporto alle esigenze culturali e sociali di ogni comunità. Attraverso esempi tratti dal suo lavoro sul campo tra i Venda, Blacking mostra come le forme musicali possano essere comprese solo nel loro contesto culturale, in cui ogni suono assume significati specifici. Questo approccio richiede uno studio approfondito non solo della musica in sé, ma anche delle pratiche sociali, delle strutture di parentela e dei rituali associati.
2. La musica nella società e nella cultura [pp. 41-75]
La seconda parte si concentra sul ruolo della musica come mezzo di comunicazione e organizzazione sociale. Blacking analizza come la musica contribuisca a definire ruoli, identità e valori all’interno delle comunità, fungendo da strumento di coesione e trasmissione culturale. Viene esplorato il concetto di ‘musica come comportamento sociale’, che enfatizza l’interazione tra musicisti e ascoltatori, e il modo in cui la partecipazione musicale rafforzi legami sociali e forme di solidarietà. La musica, in questo senso, non è mai un atto isolato, ma sempre inserita in reti di relazioni e significati condivisi. Questa parte pone inoltre attenzione ai processi di apprendimento musicale, evidenziando come la socializzazione musicale sia una componente fondamentale della formazione personale e collettiva, legata alla trasmissione di saperi e tradizioni.
3. La cultura e la società nella musica [pp. 76-110]
Nella terza parte, Blacking si addentra nell’analisi dei modi in cui cultura e società si riflettono nelle pratiche musicali. Viene illustrato come la musica codifichi le strutture sociali e culturali, diventando un mezzo per negoziare identità, potere e appartenenza. Attraverso studi di caso, Blacking dimostra che le scelte musicali – dai ritmi alle melodie, dagli strumenti all’organizzazione delle performance – rispecchiano e influenzano le dinamiche sociali, contribuendo alla creazione di un senso di comunità e alla differenziazione interna. Questa parte sottolinea inoltre la natura dinamica della cultura musicale, che si evolve in risposta ai cambiamenti sociali, tecnologici e politici, mantenendo però un legame profondo con la tradizione.
4. L’umanità armoniosamente organizzata [pp. 111-140]
L’ultima parte si propone di sintetizzare le riflessioni precedenti in una visione globale della musicalità umana come espressione dell’armonia tra natura e cultura. Blacking affronta il rapporto tra la componente biologica dell’essere umano e la sua capacità culturale di organizzare il suono, argomentando che la musica nasce dalla interazione dialettica di questi fattori. In questa sezione, l’autore propone una visione olistica della musica come fenomeno universale, capace di rivelare aspetti profondi dell’umanità e di favorire la coesione sociale e la crescita individuale. La musicalità, dunque, non è solo una facoltà estetica, ma un elemento essenziale della natura umana, che accompagna e struttura la vita sociale e culturale.
Musicalità come facoltà umana universale
Blacking sfida la concezione tradizionale che vede la musica come una forma artistica riservata a specifiche culture o a élite intellettuali. Per lui, la musicalità è una capacità innata di tutti gli esseri umani, indipendentemente dal contesto culturale o geografico [p. 22]. Questa prospettiva universale implica che la musica non sia un prodotto esclusivo di alcune società ma un aspetto fondamentale della natura umana, manifestato in modi diversificati attraverso le culture. Questa posizione pone l’accento sulla dimensione biologica della musica, vista come un comportamento condiviso che si sviluppa in relazione con l’ambiente sociale e culturale. La musicalità diventa così un ponte tra natura e cultura, una chiave per comprendere l’essere umano in tutta la sua complessità.
Relazione biologia/cultura
Un tema centrale nel pensiero di Blacking è la dialettica tra fattori biologici e culturali nella formazione della musica. Pur riconoscendo l’esistenza di una predisposizione biologica alla musicalità, l’autore sottolinea come la cultura giochi un ruolo imprescindibile nella definizione delle forme musicali [pp. 115-120]. La musica, quindi, non è un fenomeno puramente naturale né un mero prodotto culturale, ma un’interazione dinamica fra queste due dimensioni. Questa concezione sfida sia i riduzionismi biologici sia quelli culturalisti, proponendo un modello integrato che valorizza la complessità dell’esperienza musicale umana.
Musica e identità sociale
Blacking evidenzia come la musica sia un mezzo potente per la costruzione e l’espressione dell’identità sociale. Attraverso pratiche musicali condivise, le comunità definiscono i propri valori, consolidano legami e distinguono sé stesse dagli altri gruppi [pp. 67-90]. La musica diventa così un linguaggio simbolico che veicola significati sociali e culturali, favorendo il senso di appartenenza e la coesione. Questo ruolo sociale della musica è particolarmente evidente nelle società tradizionali studiate da Blacking, ma rimane centrale anche nelle società contemporanee.
Pedagogia e funzione educativa della musica
Un ulteriore aspetto approfondito da Blacking riguarda la dimensione educativa della musica. Nel suo lavoro sul campo, l’autore osserva come la trasmissione delle pratiche musicali sia parte integrante dei processi di socializzazione e di apprendimento culturale [pp. 55-60]. La musica, infatti, contribuisce allo sviluppo di competenze cognitive, emotive e sociali, agendo come veicolo di conoscenza e come strumento di formazione dell’individuo all’interno della comunità. Questa funzione pedagogica sottolinea l’importanza della musica come pratica viva e dinamica, radicata nella quotidianità e nella trasmissione intergenerazionale.
Blacking pubblicò il libro nel 1973, quando si trovava nel pieno della sua maturità accademica e dopo aver completato la lunga fase di ricerca sul campo tra i Venda del Sudafrica. La sua esperienza etnografica, condotta prevalentemente tra la metà degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta, costituì il fondamento empirico sul quale articolò la riflessione teorica. L’opera non fu quindi il risultato diretto del lavoro sul campo, bensì una sua elaborazione critica a posteriori, maturata durante il successivo periodo di insegnamento e analisi comparativa svolto nel Regno Unito.
Il libro segnò una svolta nella produzione scientifica di Blacking: rappresenta la sintesi teorica della sua prima fase di ricerca e, allo stesso tempo, un punto di partenza per le successive elaborazioni sull’antropologia della musica. L’esperienza tra i Venda rimane, all’interno del testo, il nucleo empirico che gli permette di sviluppare una riflessione di portata generale sul rapporto tra natura umana, struttura sociale e produzione musicale.
Negli anni successivi il libro conobbe diverse nuove edizioni e traduzioni internazionali che rivestirono un ruolo decisivo nel consolidare la portata teorica dell’opera oltre il contesto anglofono. La pubblicazione del testo in italiano, spagnolo, francese e in altre lingue contribuì a inserirlo stabilmente nei dibattiti accademici di diverse tradizioni culturali, ampliando la ricezione delle tesi di Blacking e favorendo un dialogo interdisciplinare più esteso.
Le traduzioni permisero in primis la circolazione dei concetti fondamentali dell’antropologia musicale in contesti nei quali l’etnomusicologia stava ancora definendo i propri statuti epistemologici. Edizioni come quella spagnola e quella italiana resero accessibile a nuove comunità di studiosi la prospettiva secondo cui la musicalità è una capacità universale dell’essere umano, idea che in molti paesi contribuì a rinnovare l’approccio allo studio della musica e della cultura.
Inoltre le edizioni successive – in particolare quelle aggiornate o con nuovi apparati introduttivi – offrirono l’occasione di ricalibrare la lettura del testo in relazione allo sviluppo della disciplina. Man mano che l’etnomusicologia evolveva, la ripubblicazione del libro permetteva di riaffermarne il valore teorico, rendendolo una fonte stabile di riferimento per generazioni di ricercatori, educatori musicali e antropologi.
La diffusione del libro in più lingue ne favorì l’impiego in percorsi didattici universitari a livello internazionale. In molte istituzioni How musical is man? divenne un testo introduttivo ai fondamenti antropologici della musica. Le altre edizioni non costituirono quindi delle semplici ripubblicazioni, ma rappresentarono strumenti essenziali per la canonizzazione globale dell’opera, ampliandone la rilevanza teorica, didattica e disciplinare.
I edizione (in inglese)
John Blacking, How Musical Is Man?, Seattle: University of Washington Press, 1973 — paperback: 1974.
ristampe
John Blacking, How Musical Is Man?, London: Faber & Faber, 1976.
John Blacking, How Musical Is Man?, Seattle: University of Washington Press, 1995 — più volte ristampato
edizione francese
John Blacking, Le sens musical, Paris: Éditions de Minuit, 1980.
edizione italiana
John Blacking, Come è musicale l’uomo?, Milano: Casa Ricordi, 1986.
John Blacking, Come è musicale l’uomo?, Milano: Ricordi / LIM, 2000 (ristampa)
edizione spagnola
John Blacking, ¿Hay música en el hombre?, Madrid: Alianza Editorial, 2006 — rist. 2015
Il libro fu inoltre tradotto in greco e in coreano.
La ricezione di How musical is man? è stata ampia e trasversale, e nel corso dei decenni il volume si è imposto come uno snodo teorico decisivo nella storia dell’etnomusicologia. L’opera ha infatti contribuito a spostare l’attenzione verso una concezione della musica come fenomeno sociale e culturale, aprendo discussioni sull’universalità della musicalità e sulla costruzione dell’identità musicale [Rice 2007]. Il volume ha dunque avuto un impatto decisivo nel far evolvere la musicologia da una disciplina prevalentemente descrittiva a un approccio analitico in grado di dialogare con antropologia, sociologia, psicologia e semiologia. Tale riposizionamento disciplinare ha offerto nuovi strumenti per interrogare i fondamenti della musicalità umana, rompendo una tradizione eurocentrica ancora dominante negli anni Se
Il testo esercitò un’influenza significativa su una generazione di studiosi – tra cui Bruno Nettl [1983] e Steven Feld [1984] – che ne ripresero i principi e il metodo nell’analisi delle pratiche musicali extra-occidentali. L’accento posto da Blacking sulla musica come comportamento umano culturalmente situato ha inoltre anticipato sviluppi successivi nelle teorie della performatività e dell’identità musicale, poi articolati da autori come Martin Stokes [a], Philip Bohlman [b] e Christopher Small [c].
Nel contesto italiano, la traduzione del 1986 ha giocato un ruolo rilevante nella diffusione dell’opera. Essa ha influenzato gli studi etnomusicologici e pedagogici, trovando interlocutori autorevoli in studiosi come Diego Carpitella e Roberto Leydi, i quali ne hanno colto la portata innovativa nel ripensamento delle culture orali, delle pratiche musicali comunitarie e dei rapporti tra musica e società. società. L’introduzione dell’opera nei programmi universitari di musicologia e antropologia ha favorito inoltre un confronto diretto con le questioni sollevate da Blacking, aprendo discussioni critiche sull’universalità della musicalità e sul rapporto tra fattori biologici e culturali.
La critica accademica ha evidenziato in più occasioni che, sebbene Blacking offra una sintesi convincente tra natura e cultura, la sua analisi potrebbe in alcuni casi semplificare la complessità dei processi musicali e le differenze interetniche [Feld 1984]. Tali osservazioni non hanno tuttavia ridimensionato il carattere innovativo del volume, che rimane un punto di riferimento per l’attenzione costante alle dimensioni sociali, simboliche e affettive del fare musica.
L’influenza dell’opera si estende anche alla pedagogia, dove ha contribuito al rinnovamento dei metodi di insegnamento della musica, promuovendo una visione interculturale e inclusiva della formazione musicale. Sul piano etnomusicologico How musical is man? ha stimolato nuove ricerche sul ruolo della partecipazione collettiva, sulle funzioni sociali della musica nelle società tradizionali e sull’analisi dei sistemi musicali come espressione integrata dei valori culturali [ettl 2005]. L’approccio interdisciplinare promosso da Blacking continua a influenzare gli studi contemporanei, inclusi quelli che coinvolgono antropologia, psicologia evoluzionistica e neuroscienze.
Nel contesto attuale, segnato da processi di globalizzazione, ibridazione e mobilità culturale, il modello di Blacking conserva intatta la propria attualità. attualità. La sua idea della musicalità come facoltà universale ma culturalmente mediata offre infatti una cornice concettuale utile per comprendere come la musica operi simultaneamente come veicolo di differenza, strumento di coesione sociale e spazio di negoziazione identitaria [Rice 2007]. La prospettiva proposta da Blacking consente inoltre di interpretare la musica non come mero intrattenimento, ma come forma di conoscenza radicata nell’esperienza umana, con importanti ricadute per l’educazione, la psicologia e le politiche culturali. Il volume rappresenta quindi ancora oggi una tappa fondamentale nella riflessione sul rapporto tra musica e umanità. La capacità dell’opera di integrare dati etnografici rigorosi con una visione teorica di ampio respiro ne fa un contributo imprescindibile per comprendere la musica come pratica sociale, simbolica e antropologica. Il lascito di John Blacking continua a orientare il dibattito contemporaneo, riaffermando la centralità della musica nella costruzione dell’esperienza umana e nella definizione delle forme di vita collettiva.
Merriam 1964 | Alan P. Merriam, The Anthropology of Music, Evanston: Northwestern University Press, 1964.
Nettl 1983 | Bruno Nettl, The Study of Ethnomusicology, Urbana: University of Illinois Press, 1983.
Feld 1984 | Steven Feld, Sound Structure as Social Structure, «Ethnomusicology», 28/3, 1984, pp. 383-409.
Rice 1994 | Timothy Rice [recensione a How musical is man?], «Ethnomusicology», 38/2, 1994, pp. 329-335.
Nettl 2005 | Bruno Nettl, The Western Impact on World Music: Change, Adaptation, and Survival, New York: Schirmer Books, 2005.
Rice 2005 | Timothy Rice, Reflections on Music and Identity in Ethnomusicology, «Muzikologija», 7, 2007, pp. 17-38.