![]() Frontespizio della prima edizione francese (1964) |
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Pierre Boulez (1925–2016) è stato uno dei compositori, direttori d'orchestra e pensatori musicali più influenti del Novecento. Nato a Montbrison, in Francia, si formò al Conservatorio di Parigi sotto la guida di Olivier Messiaen e René Leibowitz, assimilando sia l’eredità del pensiero musicale francese che i principi del serialismo viennese. Fin dagli anni Cinquanta, Boulez fu una figura di punta dell’avanguardia musicale europea. Le sue opere, come Le Marteau sans maître o Structures, riflettono un’estrema raffinatezza strutturale e un’intensa ricerca linguistica, con un uso radicale del serialismo integrale. Boulez non fu solo un compositore ma anche teorico e saggista, impegnato nel ridefinire il ruolo della musica nella società contemporanea. Questo impegno teorico trova una sintesi significativa nel suo libro Pensare la musica oggi, in cui Boulez esprime la necessità di un pensiero musicale critico e consapevole, capace di confrontarsi con la complessità del linguaggio contemporaneo. Il testo, denso e provocatorio, non è solo una riflessione sul fare musica, ma anche
un manifesto del suo approccio razionale, sistematico e aperto alla continua trasformazione. In Pensare la musica oggi, Boulez sostiene che la musica non possa essere semplicemente "scritta" o "sentita", ma debba essere pensata, nel senso più rigoroso e creativo del termine. Questa visione ha guidato non solo la sua attività compositiva, ma anche la sua direzione dell’Ircam (Institut de
Recherche et Coordination Acoustique/Musique) e dell’Ensemble Intercontemporain, che fondò per promuovere la musica del presente. Attraverso il suo pensiero e la sua opera, Boulez ha cercato di ridefinire i confini della musica, trasformandola in una forma di conoscenza e di esplorazione
intellettuale. La sua figura rimane centrale per chiunque voglia comprendere l’evoluzione della musica nel secondo Novecento, e Pensare la musica oggi resta una chiave fondamentale per
accedere a questa visione.
La diretta conseguenza del lungo lavoro di revisione cui Boulez sottopose il sistema seriale dal 1953 sino ai primi anni ‘60 fu la sintesi esposta in uno dei suoi scritti più difficili, Pensare la
musica oggi (1964). Il volume si compone
di due parti distinte: la prima dedicata essenzialmente alla tecnica, incentrata sulle lezioni tenute da
Boulez nel 1960 a Darmstadt, poi in Svizzera e ad Harvard, e la seconda occupata dall’intervento
Necessità di un orientamento estetico, in cui sono affrontate le tematiche concernenti l’estetica e la
poetica musicali. Nel testo, Boulez tornerà retrospettivamente sulla fase del serialismo rigoroso,
mettendo in luce l’idea fondamentale del proprio progetto, ossia quella di "eliminare dal proprio
vocabolario ogni lascito del passato per poi riconquistare gradualmente i diversi stadi della scrittura,
così da realizzare una sintassi assolutamente nuova, epurata da ogni reminiscenza stilistica".
Parte I
1. Considerazioni generali
Il testo inizia con una riflessione sullo stato della musica contemporanea, criticando la superficialità di molte opere e l'assenza di una solida base teorica. Punto di partenza delle sue riflessioni è una breve descrizione dell’esperienza seriale ai primordi: feticismo del numero, schemi che per la loro rigidità non potevano piegarsi alle necessità di una strutturazione globale; musica che 'suona male', la cui "aggressività non è sempre deliberata" (tr. it. 2023. p. 20). Egli sottolinea l'importanza di un pensiero musicale rigoroso e di una tecnica ben fondata per evitare il 'libertinaggio' creativo, che confonde la libertà con la mancanza di immaginazione.
2. Tecnica musicale
Qui Boulez esamina le tecniche compositive utilizzate dai suoi contemporanei,
evidenziandone sia gli aspetti innovativi che le carenze. Egli critica l'uso meccanico del serialismo e
l'adozione di forme matematiche prive di una giustificazione estetica, sostenendo che «qualsiasi riflessione sulla tecnica musicale deve trarre origine dal suono, dalla durata, dal materiale sul quale lavora il compositore».
Nel paragrafo Quanto allo spazio il dato percettivo acquisisce una maggiore importanza, e ciò emerge quando Boulez propone di inserire proprio lo spazio, "indice di ripartizione" delle strutture
sonore, nel numero delle variabili che possono intervenire nel lavoro compositivo. Lo spazio “non agisce solo nella durata sulle durate ma anche sulle altezze, sulle dinamiche e sui timbri” (p. 64). Lo spazio è concepito in influenza reciproca con gli elementi del suono e sarebbe dotato anch’esso di proprietà avviluppanti, svolgendo rispetto alle strutture funzioni analoghe a quelle che
dinamica e timbro svolgono in relazione ad altezza e durata. Il lavoro compositivo è dunque il trait
d’union tra la speculazione strutturale e la riflessione sull’oggetto sonoro concreto, al quale Boulez attribuisce una posizione di predominio: “sono le proprietà stesse di questo oggetto che generano le strutture dell’universo sonoro dedotto e gli procurano le sue qualità formali” (p. 37).
Nel paragrafo Inventario e repertorio Boulez affronta il rapporto tra la musica contemporanea e la tradizione musicale, criticando il ritorno alla tradizione come un rifugio sicuro e sostenendo che la vera innovazione nasce dalla comprensione critica del passato e dalla sua rielaborazione creativa. Se è vero che il cammino verso la validità linguistica e formale dell’opera è costato a Boulez
l’abbandono dell’utopia seriale in senso assoluto (l’automaticità della scrittura), si riconosce l’efficacia del punto di vista raggiunto, che tende a considerare più importante la musica del sistema
che la produce. Inventario e repertorio si apre con una serie di ipotesi sui vari modi in cui è possibile intendere l’organizzazione delle componenti sonore; le sperimentazioni compiute e il
giudizio dato in seguito a tali esperienze portano Boulez ad escludere la possibilità di ottenere la composizione dal mero sistema di sovrapposizione seriale. Il principio di serializzazione integrale nei primi anni ‘50 rappresentò un’ipotesi di unitarietà della scrittura estremamente invitante. In seguito tale ipotesi dovette scontrarsi con la realtà della percezione e con la complessità dell’atto compositivo, rivelandosi inadeguata in senso fenomenico e procedurale. La tecnica dell’organizzazione unitaria si era rivelata essere poco attuabile sul piano concreto e non soddisfacente le necessità del materiale sonoro. Boulez dunque individua, a partire dalle tecniche inaugurate dai viennesi e generalizzando notevolmente, tre differenti modelli di organizzazione seriale (strutturale) interparametrica: il modello schönbergiano ad organizzazione totale, quello derivante dalla concezione weberniana dell’organizzazione seriale:
Qui ogni componente sarà elaborata in base a strutture parziali e internamente unitarie tratte dalla serie iniziale. Nell’ultimo modello berghiano
Questo tipo di organizzazione consente un più elevato grado di varietà strutturale rispetto al secondo. Il cuore del sistema è sempre la serie iniziale, seppure utilizzata in modo multiforme; essa infatti è posta in rapporto dialettico con le proprie trasformazioni. Le possibilità offerte dai 3 modi sono anche altre, perché potrebbero venire impiegati contemporaneamente. Bisognerebbe dunque considerare i casi della strutturazione globale e delle strutturazioni locali:
Attraverso il meccanismo qui esposto Boulez ritiene di poter evadere dalla prigione dei dodici suoni pur rimanendo nella coerenza di un sistema che possa dirsi seriale.
Nell’ultimo paragrafo Termine provvisorio, Boulez discute il ruolo della critica musicale, sottolineando la necessità di una critica che sia allo stesso tempo rigorosa e sensibile alle innovazioni, che non si limiti a giudicare sulla base di criteri estetici tradizionali ma che prenda anche in considerazione le nuove direzioni della musica contemporanea.
Parte II
Boulez conclude il suo saggio con una riflessione sulla Necessità di un orientamento estetico chiaro nella musica contemporanea. Egli sostiene che la musica non può essere ridotta a una mera
applicazione di tecniche, ma deve essere guidata da una concezione estetica coerente. È nella parte iniziale che il compositore racconta come, negli anni precedenti il suo approdo alla composizione, i compositori avessero cercato delle nuove strade nell’atto creativo basandosi esclusivamente su considerazioni estetiche piuttosto che su ricerche tecniche e di linguaggio. Ciò aveva condotto a clamorosi fallimenti: “Si ignori pure la tecnica, e la sua importanza, ma essa si vendicherà ampiamente, provocando la caducità dell’opera” (pp. 148-210). Questi compositori,
Boulez compreso, decisero di intraprendere all’inizio degli anni '50 la strada seriale concentrandosi solo su questioni di tipo tecnico, ma anche questa posizione si rivelò insufficiente. L’eccessiva
scientificità dell’impresa musicale non era coerente con il prodotto cui era destinata a dar luogo, mentre secondo Boulez tutta la speculazione dovrebbe “trarre origine dal suono, dalla durata, dal materiale sul quale lavora il compositore” (p. 162). Le assurdità cui la “mania matematica” aveva dato luogo, imposero ai compositori di riconsiderare i problemi estetici – e dunque anche percettivi – inerenti la creazione musicale.
Consumata l’eventualità seriale Boulez avvertì la necessità di assumere la responsabilità dell’atto compositivo, di reintrodurre la scelta nel progetto dell’opera. In seguito si accorse che ciò non poteva prescindere da tutta una serie di nozioni da conquistare circa la natura del fenomeno sonoro e della sua percezione. Il processo di costituzione del linguaggio seriale è stato dunque piuttosto lento: la sintesi si sarebbe verificata solo anni dopo, all’epoca di Marteau sans Maître. Ma, come chiarisce Boulez nel 1951, la questione principale che sentiva di dover risolvere era come giungere ad un linguaggio privo di qualsiasi reminiscenza tonale. Per questo decise di affidare “a organizzazioni cifrate il compito di prendere a carico le differenti tappe del lavoro creativo” (p. 192).
Per Structures usa un materiale già dato da Messiaen per ridurre ancora di più il proprio intervento arbitrario. Dopodichè almeno per la struttura 1A era bastato innescare il meccanismo automatico di sovrapposizione parametrica, anche se lo aveva portato a unire “in modo più esteriore che intrinseco le diverse costituenti del suono” (p. 192). Anche Boulez concorda sul fatto che, almeno per il primo brano di Structures, non si può parlare propriamente di linguaggio musicale. Un’opera dal carattere sperimentale molto spinto può servire come rivelatrice di una direzione, pur senza raggiungere il traguardo posto alla fine del percorso. Inoltre questa affermazione di Boulez appoggiava l’ipotesi per cui i compositori seriali, nelle prime opere prodotte, fallirono nella costituzione di un linguaggio musicale vero e proprio. Tale fallimento è imputabile all’assenza
nell’opera di un senso formale percepibile. Infatti la struttura 1A mancava di direzionalità della
forma, poiché il numero di trasformazioni in gioco in ogni istante era troppo grande perché se ne
potessero isolare a livello percettivo alcune cui attribuire il valore d’indicatori formali. Ecco che da quel momento il progetto di Boulez “sarebbe stato quello di ricostituire tutte le qualità di morfologia, di sintassi e di retorica necessarie alla comparsa di un discorso organico” (p. 198) rimettendo in causa la libera scelta del compositore, inizialmente esclusa nel progetto di Structures. In questo modo di procedere del pensiero musicale nulla è definito prima della partenza: l’articolazione dello sviluppo si disegna solo nel corso dell’atto compositivo, in base alle scelte e selezioni operate via via dal compositore. La divergenza dal procedimento classico (“forma architetturata”) in cui sia la macrostruttura che le figure gerarchizzanti (i temi) erano tendenzialmente preesistenti all’opera, sembrerebbe totale. Ecco il bilancio retrospettivo che Boulez pronuncia del periodo degli esordi:
Egli conferma l’utilità dell’esperienza pur senza negarne le deficienze. Quello di Structures è stato dunque un vero e proprio momento di passaggio, scomodo ma necessario, provvisto più di
potenziale evolutivo che d’intrinseca efficacia sul piano del linguaggio musicale. Gli esordi della serialità andrebbero considerati come un periodo di assenza della validità compositiva (nel senso
anche della mancata creazione di un nuovo linguaggio musicale) delle opere prodotte, che collochiamo dalla fine del 1950 al 1953, quando Boulez iniziò a comporre il Marteau. Ci si chiede
se l’ elasticità introdotta nel Marteau – che avrebbe poi permesso di reintrodurre la scelta compositiva – non sia stata solo un mezzo per ovviare ai cocenti difetti di un sistema che, così com’era, non sarebbe riuscito a funzionare. Fu la composizione del Marteau sains Maitre a rappresentare, nella parabola evolutiva di Boulez, una sorta di atto di compensazione tra una disciplina già acquisita – quella seriale – e un certo grado di libertà indispensabile al lavoro compositivo.
Benché scritto in francese la prima edizione del libro uscrì pochi mesi prima in tedesco, come testimonianza delle lezioni tenute a Darmstadt nei numeri 5 e 6 dell'annuario dei Ferienkurse. Il volume raccoglie conferenze di Boulez tenute fin dal 1960, nel 1963 a Harvard, e scritti precedentemente pubblicati sul «Mercure de France».
edizione tedesca
Pierre Boulez, Musikdenken heute 1-2 (Darmstädter Beiträge zur Neuen Musik, 5-6), trad. di Josef Häusler, Mainz, B. Schott’s Söhne, 1963.
[rist. con integrazioni] ibidem, 1985.
edizioni francesi
Pierre Boulez, Penser la musique aujourd’hui, Paris/Genéve: Editions Gonthier, 1964.
Pierre Boulez, Penser la musique aujourd’hui, Paris: Editions Gallimard, 1987.
Pierre Boulez, Penser la musique aujourd’hui, Paris: Éditions du Seuil, 2004
edizioni inglese
Pierre Boulez, Boulez on Music Today, trad. di Susan Bradshaw e Richard Rodney Bennett, Cambridge: Harvard University Press, 1971.
[rist.] London: Faber&Faber, 1972.
edizioni italiane
Pierre Boulez, Pensare la musica oggi, trad, di Luigi Bonino Savarino, Torino: Einaudi, 1979.
[rist.] Milano: Edizioni Ghibli, 2023.
Pubblicato nel 1964, Pensare la musica oggi si inserisce nel cuore del dibattito postbellico sulla musica d’avanguardia. In quegli anni, Darmstadt era il centro nevralgico delle nuove avanguardie, e
compositori come Stockhausen, Nono, Cage e Boulez cercavano di ridefinire radicalmente il linguaggio musicale dopo il trauma culturale della Seconda guerra mondiale. Le riflessioni e le
teorie espresse da Boulez continuano ad avere un impatto significativo nel campo della musicologia e della composizione musicale contemporanea, anche se la sua posizione e il suo pensiero si sono evoluti nel tempo, specialmente in relazione alle nuove tecnologie e alle tendenze musicali. Nonostante il pensiero di Boulez si collochi principalmente nel contesto del serialismo e delle sue proposte estetiche radicali, il suo approccio ha stimolato sviluppi significativi in aree come la
musica elettronica, la composizione algoritmica e l'interazione tra musica e tecnologia.
1. Influenze compositive contemporanee
Boulez promuove una concezione della composizione come atto razionale e strutturato, ma non meccanico. La sua critica al “libertinaggio creativo” (ossia alla composizione senza regole o
metodo) ha condizionato una generazione di compositori formatisi negli anni ’60 e ’70: “La libertà non consiste nell’ignorare le regole, ma nel creare un proprio sistema”. Compositori come Brian Ferneyhough, Hugues Dufourt e Luciano Berio hanno fatto propria la visione bouleziana di una musica fortemente teorica, strutturalmente controllata ma aperta alla complessità. Boulez ha sempre insistito sull'idea che la musica del xx secolo dovesse essere compresa attraverso un'analisi rigorosa e scientifica delle sue strutture. La sua convinzione nell'uso del serialismo come metodo compositivo ha lasciato una traccia importante nel panorama musicale del xx secolo, e in particolare nella musica contemporanea d'avanguardia. Nel contesto delle recenti ricerche
musicologiche, la sua influenza si può notare nell'analisi delle strutture formali e nel continuo tentativo di codificare la musica in un linguaggio matematico-astratto. Gli studiosi di musica
contemporanea continuano a esplorare il serialismo nelle sue applicazioni e ad oggi si affidano anche ad altri metodi algoritmici per descrivere la musica, in particolare nel campo della
computational musicology (musicologia computazionale). Alcuni aspetti legati al serialismo totale proposto da Boulez, in cui tutte le variabili musicali (melodia, ritmo, timbro) sono trattate attraverso sistemi seriali, sono stati ripresi e ripensati, anche se oggi molti compositori cercano di "liberarsi" dal rigore assoluto del serialismo.
2. L'influenza delle nuove tecnologie
Boulez è stato anche uno dei pionieri nel campo della musica elettronica. La sua attività all’ IRCAM negli anni '70 e '80 è stata fondamentale nel portare la composizione musicale a confrontarsi con le tecnologie digitali, con particolare attenzione alla manipolazione elettronica del suono. Le ricerche più recenti si stanno focalizzando sull'interazione tra composizione algoritmica e intelligenza artificiale. Le machine learning techniques (tecniche di apprendimento automatico) e gli algoritmi generativi sono oggi ampiamente utilizzati nella composizione musicale per creare strutture che rispecchino le intuizioni bouleziane ma con l'uso di nuovi strumenti. La musica generativa, che sfrutta algoritmi per produrre composizioni musicali autonomamente o con il minimo intervento umano, può essere vista come una naturale evoluzione delle idee di Boulez sulla serializzazione e sull'analisi sistematica. Gli sviluppi recenti hanno visto un crescente interesse per la musica algoritmica, che si ispira ai metodi matematici di Boulez ma si espande attraverso l'uso di reti neurali e modelli statistici per esplorare nuove possibilità sonore e strutturali.
3. Il concetto di Tempo e Spazio
Un tema cruciale in Pensare la musica oggi è la relazione tra tempo e spazio nella musica. Boulez afferma come la musica del futuro debba affrontare e manipolare il concetto di tempo, sia nella
dimensione ritmica che in quella formale. La sua idea di "dissoluzione" del tempo tradizionale ha ispirato molti compositori contemporanei a sperimentare e a dedicarsi all'analisi e alla
manipolazione del tempo dilatato o stratificato, un concetto che in parte anticipa le moderne esplorazioni della musica elettronica e della musica spazializzata. Il campo della musica immersiva
(utilizzando spazi acustici tridimensionali) e la ricerca sulla spazializzazione del suono continuano a essere alimentati dalle idee di Boulez sull'uso dell'acustica e della disposizione del suono nello
spazio. La ricerca sulla musica binaurale (che crea un'illusione di suono tridimensionale attraverso le cuffie) sta proseguendo su questa linea, portando la musica a confrontarsi con nuove modalità di esperienza del suono.
4. La rivolta dell'orecchio e l'estetica della musica
Boulez è noto anche per la sua critica al "ritorno alla tonalità" che, a suo parere, rappresentava un regresso rispetto alle potenzialità della musica contemporanea. Il suo concetto di "rivolta
dell'orecchio" (sul quale insiste nel libro) è la spinta a superare le abitudini di ascolto tradizionali e a spingere l'ascoltatore verso nuove esperienze sonore. Le ricerche estetiche contemporanee nell'ambito della musica si sono evolute in questo senso, spingendo verso la creazione di esperienze sonore immersive, che sfidano e ampliano i confini della percezione uditiva. Il crescente interesse per il sound design, in particolare nel campo della musica per film, videogiochi e media digitali, riflette questo continuo sforzo di rivoluzionare l'ascolto. Si sta ancora indagando su come l'ascoltatore interagisca attivamente con la musica e come la musica possa essere percepita come un’ esperienza multimediale.
5. Le prospettive future
Le attuali ricerche musicologiche e compositive legate a Boulez si stanno sempre più intrecciando con i progressi tecnologici. Intelligenza artificiale, musica generativa e tecnologie
immersive sono i terreni di ricerca più promettenti, dove la sua influenza è ancora palpabile. Alcuni sviluppi specifici includono:
– Composizione automatizzata e interattiva: si sta esplorando come i sistemi intelligenti possano collaborare con i compositori per creare nuovi linguaggi musicali, sfruttando le idee
bouleziane sul controllo e la struttura.
– Sperimentazione spaziale e percettiva: l’uso di tecnologie immersive come il suono tridimensionale e la musica per ambienti virtuali (realtà aumentata e virtuale) continuerà a
svilupparsi, portando la musica a spingersi oltre i confini fisici e temporali.
– Musica e neuroscienze: la fusione tra musica e neuroscienze potrebbe portare a nuove ricerche sulla percezione musicale e sull’emozionalità della musica, in una direzione che
Boulez aveva solo iniziato a esplorare con la sua concezione razionale e tecnica del suono.
Conclusioni
Le ricerche più recenti in campo musicologico e compositivo sono un'evoluzione naturale delle riflessioni di Boulez, che, pur essendo radicate nella sua epoca e nel serialismo, hanno aperto la
strada a una nuova era di sperimentazione tecnologica e interattiva. Boulez, con la sua spinta verso il superamento delle convenzioni e il controllo rigoroso delle strutture musicali, ha dato impulso a riflessioni che sono ancora oggi al centro della musica contemporanea. Le prospettive future continuano a sfidare i limiti tradizionali della musica, a partire dalla sua spazializzazione fino alla generazione algoritmica del suono.
Mario Campanino, Pierre Boulez: creazione e analisi musicale, “Analisi. Rivista di Teoria e Pedagogia musicale”, 15 (1994).
Mario Campanino, Il linguaggio, la forma, l’uso. Osservazioni sul fenomeno musicale contemporaneo, Napoli, Edizioni Eidomedia, 1997.
Mario Campanino, Pierre Boulez intervistato da Mario Campanino: Linguaggio, tecnica, significato…, “Parol. Quaderni d’arte”, 11 (1995): 90-114.
Fedel D'Amico, Dell’opera aperta, ossia dell’avanguardia, “Incontri musicali”, 4 (1960): 89-104.
Armando Gentilucci, [recensione a “Pensare la musica oggi”], “Musica/Realtà”, 1 ( 1980): 205-210.
Giampiero Martinotti, Boulez: vi racconto la forma della musica, “La Repubblica” (4 marzo 1995).